Lo abbiamo scritto più volte, nei numeri precedenti di Ossigeno: è un paese immobile. Non è solo il Paese del mattone: è proprio un mattone, questo Paese. Un Paese che vive di rendita, piccola o grande che sia, e che privilegia in ogni modo lo status quo ante. Abbiamo detto della paura del nuovo, anzi, della vera e propria opposizione al nuovo dell’intera classe dirigente che governa attualmente: si dicono conservatori, parola filologicamente molto corretta. Conservano tutto ciò che c’è e anche quello che non c’è, fingendo che ci sia. Per loro non si può né deve cambiare nulla. Non sia mai.
Tra le cose che non possono cambiare è il luogo comune che siamo un Paese di proprietari di case, che è ancora vero, certamente, ma porta con sé la conseguenza non banale che tutti quelli che non hanno una casa e non appartengono alla categoria, invece di una casa, si trovano di fronte un muro, soprattutto nei centri più grandi del Paese. Ed essendo il Paese che non cambia mai, non si è mai utilizzata la leva fiscale per introdurre cambiamenti in un mercato che è letteralmente arroccato. E così, al crescere del costo della vita (altro fenomeno che è evidentemente considerato naturale), non crescono i salari (nemmeno quelli “minimi”) ma gli affitti crescono eccome.
Poi, siccome alla furbizia segue puntualmente la sorpresa, ci siamo sconvolti per il gran numero di appartamenti che in questo modo sono stati rivalutati nei centri storici, senza che per anni si aprisse nessuna discussione in merito fino a quando - proprio quando questo numero di Ossigeno veniva scritto - lo ha fatto, ahinoi, non il centrosinistra, ma la destra, con un esito ancora tutto da verificare.
Succede che i fuori sede, ovvero i milioni di italiani che studiano e lavorano fuori dalla loro città, a volte molte lontano, subiscano in modo particolare questo stato di cose. Anche perché, nel frattempo, non è più di moda immaginare di creare studentati o alloggi pubblici, come dimostrano i ritardi del PNRR. Queste ricette non funzionano più e peraltro hanno funzionato poco anche prima che arrivassero gli ultradestri al governo, perché anche la sinistra aveva sentito l’urgenza di privatizzare i problemi sociali, senza risolverli.
Ed ecco che da Paese di proprietari di case siamo diventati e diventeremo sempre di più un Paese in cui una parte della popolazione è homeless: senza casa e senza la possibilità di potersela permettere in modo “sostenibile”. In questo numero proveremo a capire che cosa si può fare per cambiare questo stato di cose – che è anche uno “stato di case”. Che pretende di essere uguale a prima, per rassicurarci, ma è solo peggio di prima, e non fa affatto ben sperare.
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