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  • Immagine del redattoreRiccardo Noury

17 luglio, giornata dei diritti umani



Il 17 luglio è un giorno importante per i diritti umani: in quello del 2017, è stato introdotto nel codice penale italiano il reato di tortura, una conquista che ora va difesa dalle tentazioni abrogative della maggioranza parlamentare. In quello del 1998, a Roma, venne adottato lo Statuto della Corte penale internazionale.

È da questo secondo anniversario, importante perché è il venticinquesimo, che questo libro prende le mosse, ripercorrendo un quarto di secolo di sviluppi della giustizia internazionale: non solo quella della Corte ma anche dei tribunali speciali, di quelli ad hoc, di quelli ibridi. Tutti tentativi, diversi tra loro, di rendere giustizia alle vittime di gravi crimini di diritto internazionale, genocidi compresi, e di punirne i responsabili.

A ciò dobbiamo aggiungere il principio della giurisdizione universale, che sta consentendo alla giustizia europea di celebrare processi per fatti gravissimi avvenuti altrove nel mondo.


In questi 25 anni il cammino della giustizia internazionale è stato segnato da eventi memorabili, in cui è diventato possibile ciò che sembrava, fino a poco tempo prima, impossibile: scalfire l’impunità, mandare il messaggio che nessuno potrà essere per sempre al riparo dall’accertamento e dalla sanzione delle sue responsabilità criminali.

Non tutto è rose e fiori ovviamente. L’efficacia dei meccanismi di giustizia internazionale risente ancora dell’interferenza degli stati e, a volte, anche di debolezze interne. Per molti anni la Corte penale internazionale è stata vista come l’organo di giustizia competente solo per le “guerre africane”. Ora non è più così, anche se le principali potenze non lo riconoscono.


Ma a quei meccanismi di giustizia internazionale è necessario affidarsi, perché non c’è modo migliore per cercare la giustizia: in favore dei civili ucraini e palestinesi, delle donne afgane, delle persone migranti e richiedenti asilo in Libia.

La Corte penale internazionale nacque grazie anche a un enorme movimento della società civile, unito da un principio: non c’è pace senza giustizia. A 25 anni di distanza, è bene ricordarlo soprattutto a coloro che considerano il mandato d’arresto del presidente Putin come un intralcio. Rovesciare quel principio in un cinico e opportunista “c’è pace senza giustizia” sarebbe un vergognoso tradimento.


Riccardo Noury è dal 2003 il portavoce di Amnesty International Italia, di cui fa parte dal 1980. Per People ha pubblicato nel 2020 La stessa lotta, la stessa ragione e, più recentemente, con Antonio Marchesi, Giustizia senza confini. Tra i suoi ultimi libri, Qatar 2022. I Mondiali dello sfruttamento(Infinito Edizioni 2022). Dal 2003 è responsabile dell’edizione italiana del Rapporto annuale di Amnesty International. Scrive, attraverso i suoi blog, sul Corriere della Sera, il Fatto quotidiano, Focus on Africa, Articolo 21 e Pressenza. Collabora al quotidiano Domani.

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