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  • Immagine del redattore Paolo Cosseddu

1826 giorni


Sono usciti quasi tutti i programmi delle varie coalizioni, formazioni, partiti e aggregazioni più o meno in divenire, e va detto che, nel variegato campo del centrosinistra, di cose interessanti ce ne sono. Il Pd, in particolare, ha messo insieme una serie di proposte che sembrano voler superare le molte timidezze e gli incontestabili errori fatti negli anni. Se non è un mea culpa, poco ci manca, quanto invece alla sincerità del proposito, sospendiamo il giudizio fino alla prova dei fatti.


Se il 25 succedesse una cosa imprevista e il centrosinistra vincesse, hai visto mai, si eviterebbe l’ascesa meloniana al potere ma varrebbe la pena anche solo per verificare quanto di quel buono scritto nei citati programmi troverebbe la via concreta della realtà. Basta accordi con la Libia, basta riforme del lavoro che impoveriscono le persone e le gettano in una perenne insicurezza, basta tentativi penosi di piacere ai grandi poteri economici, basta cazzate sui diritti civili delle persone, basta idiozie sul gas pulito e ritardi sulla transizione ecologica. Basta con la scuola abbandonata a sé stessa, basta con la sanità data in pasto agli interessi privati, e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Se si vince con quel programma, poi bisogna fare “quel” programma, altrimenti che senso ha? Non stiamo giocando. Poi certo, si può discutere dei dettagli, qualcuno che arriva da sinistra vorrà spingere di più, altri più moderati vorranno frenare, ma se ce la sta facendo Biden, che non è esattamente Che Guevara, ce la si deve fare anche qui. Magari senza che sul più bello arrivi l’ostruzionismo dei famosi “cattolici del Pd” o di altre casate simil-Hogwarts a mettersi di traverso.

Non sarebbe male: in tutte le democrazie del mondo si è assistito a una radicalizzazione di quelli che un tempo erano i tradizionali conservatori, mentre i progressisti ne prendevano il posto, e ultimamente qualche timido segnale indica un’inversione di tendenza nelle posizioni di questa parte del campo. Anche perché, se per avversari ti ritrovi i nazisti, non è che puoi rispondere solo con le vie di mezzo, conviene trovare un po’ di radicalità o si finisce sbranati.


Ma, se invece le cose andassero esattamente come tutte le previsioni indicano, e quindi davvero vincesse questa destra maledetta, certo sarebbe una tragedia ma in fondo il compito storico – come direbbe chi ha studiato – non cambierebbe poi di molto. Perché se la sconfitta dovesse diventare la scusa per dire che ci si è spostati troppo a sinistra, che bisogna inseguire il voto dei moderati – vedremo quanto prenderanno davvero nelle urne, i due Pollos Hermanos del polo moderato, a proposito – che bisogna inseguire la destra sul tema della sicurezza e degli immigrati, che in fondo la progressività fiscale non è importante, che sui diritti non bisogna urtare la Chiesa, che in fondo le trombe d’aria e i ghiacciai che si sciolgono sono cose fatti della vita, allora vorrà dire che ricomincia l’ennesimo giro di giostra già fatto e rifatto negli scorsi trent’anni, e francamente non lo reggeremmo più.


No, si dovrà fare opposizione, e tenere il punto sulle cose che si sono dette agli elettori quando si è chiesto il loro voto. Difficilmente un governo della destra farà bene al Paese, ma dopotutto potrebbe far bene al centrosinistra, specie quello che da molti anni al governo c’è stato quasi sempre e quasi con tutti. Agli elettori toccherà resistere. Cinque anni sono lunghi, 1825 giorni, anzi, 1826 perché c’è pure un bisestile. Un giorno alla volta. Che poi, se va bene, magari la legislatura inciampa su qualche incidente di maggioranza – e gli incidenti capitano, come sappiamo – e finisce prima. Altrimenti, si resiste, si fa opposizione e si resiste. Coraggio, ce la possiamo fare.

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