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  • Immagine del redattoreFranz Foti

44 anni fa moriva Basaglia, le sue idee sono più vive che mai


Il 29 agosto 1980 moriva prematuramente Franco Basaglia, uno dei pensatori più lucidi, più progressisti e più moderni che il nostro Paese abbia mai avuto.

Nel centenario della sua nascita, le sue idee sono ancora più vive che mai, e ci offrono ancora oggi preziose chiavi di lettura della società e dei suoi meccanismi patologici, nonché strumenti preziosi per modificarli, per aprire ancora una volta i cancelli e abbattere le mura entro cui vogliono rinchiuderci e dividerci, controllarci e reprimerci.


Il miglior modo per ricordare e celebrare Franco Basaglia non è, infatti, quello di farne un santino laico. Come ha scritto Peppe Dell'Acqua in un bel pezzo su L'Espresso di qualche mese fa, infatti, "Vorrei che si capisse che Franco Basaglia non è quello che ha chiuso i manicomi, ma è quello che strenuamente si è battuto per restituire diritto, cittadinanza, dignità, singolarità, cura. Questo è Basaglia. Ed è in tutto il suo lavoro".


Ed con questo spirito che, nel centenario della sua nascita, ho voluto scrivere "Franco Basaglia. La libertà è terapeutica". Un libro che sento fratello di quello che Giuseppe Civati ha voluto dedicare ad Alexander Langer, e che sta nello stesso solco dei lavori che abbiamo pubblicato su Gino Strada.

Non solo per raccontare un pezzo fondamentale della storia del nostro paese - che pure merita di essere raccontata altre cento volte -, ma restituirne l'attualità, quella spinta fatta tanto di idee quanto di pratiche di cui oggi abbiamo estremo bisogno.


"Ecco, infine, la vera chiave di questa storia che non ha ancora visto, né speriamo veda mai, scrivere la sua ultima pagina: assumerci la responsabilità gli uni degli altri. Ecco, quindi, la vera portata rivoluzionaria di cui ancora oggi c’è davvero bisogno.

Quante istituzioni sono davvero aperte, nelle nostre città? Quante fabbriche, quanti campi di pomodori, quante piatta- forme della cosiddetta gig economy? Quante carceri, quanti centri di “accoglienza”? Quante scuole, quanti ospedali, quanti servizi psichiatrici di diagnosi e cura? Quanti luoghi marginali, magari nostri dirimpettai, ospitano vecchie e nuove forme di esclusione, di emarginazione, di rifiuto di chi è considerato oggi nuovamente deviante? E a chi toccherà domani?

La scelta a cui siamo tutte e tutti messi di fronte è in fondo semplice, ed è riassunta qui sopra: lasciare che si erigano altri muri, o abbatterli?

Le idee di Franco Basaglia ci impediscono di voltarci dall’altra parte, perché mostrano con assoluta chiarezza quali siano i meccanismi con cui una società si chiude mentre rinchiude – fisicamente o metaforicamente – chi, per precisa volontà o semplicemente esistendo, ne mette in luce le profonde contraddizioni. È l’opera di Basaglia e delle donne e uomini che con lui hanno contribuito alla liberazione dei manicomi che ci responsabilizza, però, perché dimostra che esiste un modo migliore, che si può fare. Cosa aspettiamo?"

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