Il 29 luglio sono salita in Val di Susa. Luogo che ormai da quasi 30 anni è sede di una lotta politica tra gli abitanti della valle e la costruzione della grande opera TAV. In un momento politico particolarmente pesante tra negazione della crisi climatica, negazione dei diritti dei lavoratori e dei diritti in generale, tra Santanchè, Rocella, Fratin e complessivamente una politica che boccheggia a soluzioni tappabuchi senza una visione a lungo termine, volevo andare a vedere un conflitto radicato dove una visione lungimirante e olistica invece è presente. Capitavo a Torino per il Climate Social Camp, un luogo di ascolto e condivisione di pratiche per il contrasto e la mobilitazione per la crisi climatica. Anche in questo caso le giornate sono emblematiche. Al nord il ghiaccio, al sud le fiamme. In tv, invece, per l’appunto ci sono i negazionisti e un ministro dell’ambiente che l’altra sera leggeva che non è sicuro "quanto il cambiamento climatico sia colpa dell’uomo" per quanto il 99% della comunità scientifica ormai dia per consolidato questo fatto. Al (centro)sinistra le cose non vanno meglio. Il dibattito è poco coraggioso, retorico e balbetta.
Dove la politica solita, i volti visti e rivisti non mettono in pratica azioni decise c’è un’altra politica molto più bella, più vivace, più seria e giovane che si interroga e mette in pratica la resistenza al cambiamento climatico. In testa c’è una direzione ben precisa: crisi climatica e crisi sociale vanno a pari passo. Non esiste la lotta al cambiamento climatico se non si prende in considerazione l’intersezionalità.
Trovandomi dunque a Torino decido di andare in Val Susa per vedere e conoscere il movimento NO TAV. Il pretesto è l’annuale “Festival ad Alta Felicità”, una tre giorni di campeggio tra dibattiti e musica completamente autogestito e gratuito.
Oltre alla vicinanza e l’intreccio del luogo in cui mi trovavo, la formula NO TAV è presente nella vita di ogni persona politicamente attiva. Nelle manifestazioni sventolano bandiere NO TAV, diverse lotte si sono intrecciate a quella della grande opera, politicamente il tema è delicato e poi c’è la grande variabile media che dipinge il movimento NO TAV come terroristi violenti di montagna. Penso che per partito preso ogni giovane che si consideri di sinistra (non inteso in senso partitico) sia fondamentalmente contro la costruzione della TAV. Tuttavia, in anni di impegno politico io della TAV non ci ho capito molto. Dunque, da un lato volevo vedere il luogo dove si costruisce questo movimento unico nel suo genere in Italia, e dall’altro sentire la versione di chi il movimento NO TAV lo vive in quanto direttamente toccato dall’opera. In poche parole, mettermi in ascolto degli abitanti della valle.
Il camping ad alta felicità si tiene al presidio di Venaus. Il luogo ha un suo significato. Qua innanzitutto c’è da tenere in considerazione che da quando è iniziata l’opera TAV e i cittadini hanno risposto in opposizione, un’intera valle è stata militarizzata. Sono diversi i comuni coinvolti ma uniti. Uno di questi è Venaus. Era il 2005, Venaus diventa un luogo cruciale di lotta: qui vogliono istaurare un “cunicolo esplorativo”, una galleria a servizio della TAV. Il movimento lo vuole impedire. Viene istituito un presidio NO TAV che ospita notte e giorno i cittadini della valle che si scambiano i turni. Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, è cronaca nota, viene messa in atto una violenta repressione da parte delle forze di polizia. Usano la forza contro le persone. Un abitante della valle mi dice: “Lo vedrai qui sono armi contro persone”. E così, con la violenza, armi contro persone, in quel dicembre 2005 viene sgomberato il presidio e rapidamente istituita la delimitazione del cantiere. Qualche giorno dopo, l’otto dicembre, il movimento è determinato a riprendersi il prato. Partecipano anche i sindaci di aree limitrofe e tante persone giunte in valle in solidarietà ai NO TAV. Si contano tra i 10 mila manifestanti che aggirano i blocchi polizieschi attraversando i boschi per riprendersi il prato. Anche qui la violenza di polizia non si risparmia, ma questo i media non lo racconteranno. Venaus è liberata e qui si erige il nuovo presidio. Di storie come queste ce ne saranno altre con finali però più sfortunati per il movimento. F., uno storico del movimento NO TAV, mi dice che negli anni ci sono state tante sconfitte e qualche vittoria. “A sarà düra”. Sarà dura, dicono tutti e tutte, ma il movimento non si ferma.
La Venaus liberata diventa in questi tre giorni un luogo di aggregazione sociale e culturale. Ci sono famiglie, giovani e anziani in un grandissimo prato verde della valle. Attorno ci sono le montagne. Su di noi passa l’autostrada, nei piloni che la sostengono si vedono chiaramente le scritte parallele NO TAV e NO MAFIA. Proprio sotto queste scritte vi è un grande tendone bianco con un palco e delle panche per il pubblico. Dal palco in queste tre giornate con diversi ospiti si tengono discussioni sulla crisi climatica, immigrazione, guerra, dissesto idrogeologico, tutte battaglie che si riuniscono anche sotto il cappello del NO TAV.
Parlando con le persone della valle mi rendo conto che è forse impossibile dare una definizione al movimento NO TAV. C’è un’idea che raggruppa tante persone e movimenti limitrofi. Tanti i metodi e tante le identità ma tutte unite attorno a un grande ideale che li unisce come un filo rosso, che mantiene compatti nonostante i quasi 30 anni di movimento NO TAV. E, vista l’organizzazione della sinistra e dei movimenti in Italia mi sembra già un miracolo. Eppure, qui c’è qualcosa da difendere. Aldilà di tutto. L’altra cosa è che ognuno ha un suo personalissimo rapporto con il NO TAV, individuale e intimo. Chi c’era dall’inizio, chi lo conosce perché vive la valle, chi è stato direttamente toccato dall’opera, chi lotta per l’ambiente, chi per le frontiere, chi ha fratelli, sorelle, genitori o nonni attivi nel movimento. Rimane il fatto che oltre il personale rapporto e le ragioni individuali, ciascuno si oppone alla grande opera di devasto imposta dall’alto agli abitanti della valle.
Tanti testi sono stati scritti sia sulla TAV che sul movimento, da entrambe le parti. La mia non intende essere un’analisi, un testo accademico o politico, quanto più un racconto senza giudizio, anche perché - ancora una volta qua la politica non ci fa da maestra - per prendere una parte forse un po’ si deve conoscere anche la parte demonizzata.
Spesso il movimento NO TAV viene considerato un movimento ambientalista, ma è molto più di questo. F. parla di anticapitalismo e anti-sfruttamento. Mi dice: “Vogliamo abbattere quello che c’è” e un po’ mi ricorda la formula del G8 di Genova “Un altro mondo è possibile”. Il G8, del quale il 21 luglio cadeva l’anniversario della più grande operazione di repressione di Stato e Carlo Giuliano ragazzo ammazzato. Impossibile non pensare alla vignetta di Mauro Biani che ritrae i giovani del G8 mentre dicono all’ uomo incravattato “Quindi avevamo ragione noi” e l’uomo risponde “Sì, ma non avevate altro”. Qua in valle sembra esserci qualcos’altro. F. dice che qua oltre alla ragione c’è anche la coesione e la solidarietà. Qua dopo i pestaggi e le repressioni non ci siamo mai divisi. C’è un obiettivo comune, non ci si divide sulle cazzate. E questo è un monito anche per noi. Sul versante della devastazione ambientale in particolare, visto che di tempo per i compromessi non ne abbiamo più, nemmeno una frazione di secondo. E questo soltanto dovrebbe bastare. Ma dicevo, in questo movimento c’è tanto di più.
Per cui, nei prossimi giorni, a puntate, troverete su Ossigeno alcuni dei racconti e delle motivazioni del movimento. Non si tratta di un quadro esaustivo ma di riportare quanto ho visto e ascoltato da persona esterna e metterlo a disposizione di chi ci legge.
Bellissimo. Aspetto le prossime puntate. Ricordo una ventina di anni fa quando al TG facevano vedere i no-TAV come fossero tutti terroristi e i miei si chiedevano sinceramente "ma se è un'opera così importante e porta tanto lavoro, perché si oppongono?" e io dissi "ma infatti non sarebbe il caso che i decisori ascoltassero la gente che ci vive (invece di menarla), per sentire cosa ne pensano loro?"... Dopo di allora ho letto i pareri di Mercalli e i fumetti di Zerocalcare... ma la Val di Susa è lontana e non ci penso mica molto... poi arriva il desiderio di fare attivismo climatico, e poi leggo questa cosa qui. Oggi penso che la Val di Susa sia molto, molto vicina.