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  • Immagine del redattoreJessi Kume

Ad alta felicità: TAV opera ecocida, costosa e inutile



O almeno questo è ciò che risuona in valle. Ma d’altronde qui stiamo ascoltando la loro storia. Dai testi che parlano di TAV si riferisce che la Val di Susa è uno dei corridoi di traffico centrali tra Italia e Francia. É bene ricordare che nella realtà dei fatti quando parliamo di TAV parliamo di un treno ad alta velocità non per le persone ma per le merci. Il TAV è e sarà un treno di merci. Ma il treno ad alta velocità sarebbe stato un pezzetto di un’opera più grande. Negli anni Novanta era prevista la costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità che avrebbe dovuto collegare l’Europa da Lisbona a Kiev. Negli anni il progetto di questo corridoio paneuropeo diventa sempre più improbabile. In tutta questa linea rimane però il conflitto per la parte italo-francese. E qui, per quanto i lavori siano fermi da anni, ci sono tre attori che si intrecciano: l’UE, l’Italia e la Francia, e poi dalla nostra parte del confine, gli abitanti della valle. Tra i tre attori istituzionali vi sono chiaramente interessi economici.


Si dice dal palco dei dibattiti del festival dell’alta felicità che ogni mezzo di trasporto per merci va a carburante. Il carburante del TAV sono i soldi. Sul costo dell’opera ci sono stime diverse tra loro. Si parla di un costo complessivo di 25 miliardi di euro tra Italia, Francia e UE. Il costo della sezione transfrontaliera tra Italia e Francia si certificava sugli 8,6 miliardi nel 2012 e 9,6 miliardi nel 2017 rivalutati con l’inflazione. Parte di questo grande progetto sarebbe finanziato dall’UE. I finanziamenti sono destinati alla costruzione dell’opera, ma l’opera non si costruisce. Eppure, i miliardi stanziati a un certo punto sono finiti e non si sa bene dove. L’Italia verrà di fatto sanzionata dall’UE per questo. In valle iniziano i sospetti di collusione con la mafia.


In tutto questo delirio di opera, fondi, intrallazzi e analisi costi-benefici dove ciascuno fa le sue, è ancora bene sottolineare che esiste già un binario per il trasporto di merci oltre frontiera che aggira la montagna e non passa attraverso essa. La strada porta da Torino a Lione in 4 ore e 7 minuti. Secondo uno studio del Politecnico di Torino, tra tutte le operazioni per mettere in funzione il treno ad alta velocità, per ridurre il tempo di un'ora si spenderebbero 500 miliardi, per ridurlo di un'ora e mezza ne occorrerebbero 3.000 miliardi e per ridurlo di due ore e mezza ci vorrebbero 12.000 miliardi. Al presidio di Venaus si trova un cartello dove si illustrano altre direzioni in cui i fondi per il TAV potrebbero essere investiti. Ad esempio, per 500 m di TAV si potrebbe costruire un ospedale, per 1 cm di TAV si potrebbe comprare materiale didattico per una scuola primaria per un intero anno, Per 50 cm di TAV si potrebbe fare la pulizia dei rii di un paese.


Se dovessi essere sintetica, ma davvero sintetica, e spogliare di tutto il significato più profondo la battaglia NO TAV, si potrebbe dire che le linee ferroviarie al centro delle proteste sono contestate principalmente per via del costo ritenuto eccessivo rispetto alla loro utilità. Ma andiamo con ordine sulle ragioni del movimento. Innanzitutto, la valle ha già una cultura di mobilitazione legata ai movimenti operai degli anni Ottanta. Sempre negli stessi anni, mi riferiscono che la valle era già stata oggetto di un’altra grande opera, ovvero 72 km di autostrada Torino- Bardonecchia. Poi arriva il progetto TAV e si costituisce un primo comitato: l’Habitat. Si tratta di un comitato ambientalista di discussione. F. mi dice che questo è stato il nucleo fondante della nascita del movimento. Il Presidente di Habitat riferisce: “Come può la Regione venire a parlare di treno veloce quando non sono ancora state sanate le ferite inferte dall’autostrada. In valle ci sono già troppe infrastrutture e, in questo modo la si trasforma in un luogo invivibile”.

“Vivibilità” è una parola che ha attraversato questi giorni. È vivibile il presidio di Venaus, è vivibile il mondo immaginato in questo luogo dove coesistiamo con l’ambiente e non lo massacriamo, è vivibile un mondo dove il profitto non viene prima delle persone. E infatti l'impatto del TAV sull'ambiente e sulla salute è preoccupante, sia per la durata dei lavori, che si prevede superiore ai quindici anni, sia per l'ulteriore cementificazione del territorio e, ancora per le varie tipologie di inquinamento a cui si va incontro (tra cui la dispersione dell'amianto e dell'uranio presenti nella roccia da scavare per la costruzione delle gallerie). Tutto questo, quando due strade ad alta capacità, un'autostrada, una linea elettrica aerea e una linea ferroviaria percorrono già la valle. C’è poi la questione della deforestazione messa in atto per realizzare l’opera. Sono circa 5000 le piante abbattute, mentre un solo albero può soddisfare il fabbisogno di ossigeno di 10 persone e può assorbire dai 20 ai 50 kg di CO2 presenti nell’aria. Mentre ad oggi in questa piccola valle a causa dei lavori legati alla costruzione del TAV, sono state messe in atmosfera ben 12 milioni di tonnellate di Anidride Carbonica. E poi ci sarebbe la questione siccità. Lo scavo dell’attuale tunnel geognostico esplorativo di 7 km ha provocato già secondo lo stesso produttore Telt 245 perdite idriche pari a 3,2 milioni di metri cubi annui. E questo solo per uno scavo. E ancora ci sarebbe l’aumento di malattie cardiorespiratorie e qui si intreccia la lotta per il diritto alla salute. Tutto converge verso lo sconvolgimento per anni della vivibilità della valle. Una vivibilità sacrificata nel nome di un capitalismo eccessivo e sfruttamento del suolo e dell’ambiente. Per chiunque si ostini a pensare che lo sfruttamento del territorio abbia a che fare solo con il clima e l’ambiente, il fatto è che noi siamo parte dell’ambiente e che di base il pianeta sopravvive tranquillamente pure senza di noi. Noi invece stiamo mettendo a repentaglio la nostra stessa esistenza rendendo ostili i luoghi che abitiamo.


Sarebbe però un errore vedere in questa lotta una semplice rielaborazione del movimento ambientalista. Per alcuni, sì, è questo, per altri la questione è proprio quella di imporre un’opera dall’alto agli abitanti della valle. Infatti, l’argomentazione No Tav si è allargata fino a comprendere non solo la difesa di un territorio, ma anche la messa in discussione degli interessi e del modello di sviluppo che sta dietro a progetti di grandi opere capitalistiche. F. mi dice: “Non ce ne frega nemmeno più del treno, è quello che quel treno rappresenta”. E non fatico a capirlo proprio in questi giorni in cui abbiamo raggiunto l’overshoot day, ovvero il giorno in cui abbiamo esaurito le risorse che il pianeta che ci ospita riesce a fornirci. Di anno in anno non riusciamo a svincolarci da un’economia e una politica predatoria delle risorse dell’ambiente, quando queste risorse dovremmo tenerle strette. Ad esempio, si prevede già che il ventunesimo secolo sarà il secolo delle guerre per l’acqua, come il ventesimo lo è stato per il petrolio. E come avete letto, l’acqua è una delle risorse della montagna che il TAV limiterebbe per agli abitanti. In poche parole, qua gli interessi degli abitanti della valle non sono mai stati presi in considerazione: economia al di sopra delle persone, della vita umana e sociale. Ecco in valle, questo modello di economia non va bene, perché il costo- non solo economico- è molto più alto.

Oggettivamente ad oggi la grande opera TAV è ferma a un buco nella montagna di 11 km. I lavori sono stati fermati perché nelle montagne è stato trovato uranio e altri metalli pericolosi sia per gli abitanti che per l’ambiente, che abbiamo capito essere inscindibili gli uni dall’altro. G., un giovane di Torino, infine mi dice: “Oramai gli effetti del cambiamento climatico sono tangibili. Costruire l’ennesimo buco con queste trivelle gigantesche che vanno a gasolio, per?”.


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