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  • Immagine del redattoregiuseppe civati

«Albania, portali via». L’ennesima dimostrazione che sull’immigrazione continuiamo a sbagliare



La via albanese di Giorgia Meloni è solo l'ultimo tentativo, sempre più disperato, di fermare le migrazioni prima che arrivino in Italia e quindi in Europa: ne ha scritto con chiarezza Jessi Kume per Ossigeno nel corso della giornata di ieri.


C’è chi fa notare che la soluzione contrasta platealmente le norme fondamentali del diritto internazionale, che nella sua natura ancora del tutto ipotetica è già nitidamente incostituzionale, che sarebbe difficile da mettere in atto e, se lo fosse, anche del tutto inutile. L’unica cosa certa è che sarebbe una soluzione costosa, più costosa di quelle già inutilmente costose che Italia e Europa finanziano oltre ogni misura.


Nel frattempo, il governo ha di fatto archiviato la struttura stessa del decreto Cutro, la cui inapplicabilità e inconsistenza sono già casi da manuale per gli studenti di diritto.


Ci sarebbe da aspettarsi che l’opposizione – un’opposizione che più che un governo ombra è ombra di se stessa – rilevasse che il problema non è soltanto quello di proporre cose che non stanno né in cielo, né in terra (né in mare, soprattutto, dove le persone continuano a morire). Il problema è che qualsiasi forma di contrasto all’immigrazione basata sull’idea – nemmeno troppo nascosta – di respingimento è destinata a fallire. Non lo fa, questa opposizione, perché ha governato. Chi con Salvini, chi con Minniti. E quindi non se lo può permettere.


Però è questo il punto: deve cambiare il nostro approccio, quello dei Paesi di prima accoglienza e quello di tutta l’Europa. Non è un caso che con l’arrivo del governo più a destra che la storia repubblicana ricordi abbiamo assistito contestualmente all’arrivo del maggior numero di migranti: arrivano i nostri, quelli dell’identitarismo nazionalista, e arrivano anche gli altri, quelli “di fuori”. Non è un caso che l’ennesimo accordo con un regime tutt’altro che democratico e “sicuro” si sia rivelato inutile e ridicolo. Non è un caso che, mentre si negano le conseguenze del cambiamento climatico e quelle delle guerre di cui ci diciamo incredibilmente sempre più entusiasti, aumentino i migranti dovuti proprio a quelle cause.


E allora ci vorrebbe uno scarto: una interpretazione della realtà che parta dalla big picture, dal quadro generale, e non dai palchetti di comizianti sempre più imbecilli. Che riporti non solo a una dignità morale ma a una dimensione politica ciò di cui stiamo parlando e le persone che di tutto ciò sono le prime vittime. Certo, è un lavoro immane, dopo quarant’anni in cui si è ragionato nello stesso modo, destra e sinistra, senza alcuna rilevante distinzione. Certo, c’è da rimettere in gioco i valori e gli obiettivi di una società che pare averli persi per sempre. Ma questo è il compito di chi vuole governare i processi, non le campagne elettorali. Che sa confrontarsi con la realtà, senza camuffarla. Che prende atto di una situazione che non è affatto un’emergenza ma un dato strutturale di un mondo che abbiamo costruito noi. Che ci sentiamo assediati dopo averlo assediato a lungo, senza avere mai smesso di farlo. Che pensiamo di essere privilegiati, in ragione di chissà quale specialità che ci distinguerebbe e salvaguarderebbe da persone che non abbiamo mai smesso di considerare inferiori.


Se non cambiamo questo, non cambierà nulla. Se non in peggio.



Dallo stesso autore e sullo stesso tema, Stranieri per sempre (People, 2023).

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