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  • Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Centro di gravità permanente


Meno di una settimana fa (ma sembra passato un secolo), dopo che Calenda ha fatto retromarcia dal suo patto con Letta - o meglio ha fatto retro-retro-retro… insomma avete capito, è complicato tenere il conto delle inversioni a U di Calenda - i grandi giornali borghesi italiani ovverosia i grandi giornali italiani e basta, giacché ormai borghesi lo sono tutti, hanno immediatamente iniziato a scrivere che non avendo più l’alleato centrista, il Pd si presentava a queste elezioni sbilanciato a sinistra. Letta non viene certo dalla storia del Pci e anzi, ormai tra i democratici iniziano a scarseggiare persino quelli che avevano già dismesso la bicicletta con le rotelle ai tempi della svolta della Bolognina. Nella sua costante preoccupazione (comprensibile) di presentarsi alla società italiana e alla comunità internazionale come affidabile forza di Governo, sin dalla sua fondazione, sin dal suo primo segretario Veltroni che era appunto il prodotto di questa tensione, il Pd non ha fatto altro che spostarsi verso il centro. Anzi, a volte, preso dall’entusiasmo, la spinta è un po’ scappata di mano rischiando di farlo cadere dall’altra parte (qualcuno ha detto Minniti?).


A proposito dell’“altra parte”, se la osserviamo bene, vediamo accadere quello che sembra essere un fenomeno molto simile. La notate Giorgia Meloni in questi giorni, come si sforza? I suoi alleati fanno i matti, lei no, lei sa di essere osservata e quindi è andata in America a farsi intervistare, a rassicurare i grandi partner internazionali, politici e non solo, che tranquilli, se vince non torneranno le camicie nere. Che dopotutto non sono state tanto una bella cosa per questo Paese, ammette, e tutti a dire “beh dai, ha preso le distanze, diamogliene atto”. Che si sta “PiDizzando”, pure lei, bene così, grazie tante, Giorgia, davvero. Solo che, come dire… non sembra proprio convintissima, ecco, sincera. Perché mentre è difficile immaginare militanti del Pd che si ritrovano per inneggiare all’esproprio proletario, di aderenti a Fratelli d’Italia che vengono beccati mentre si salutano romanamente se ne conta uno al giorno. E adesso tutto d’un botto si normalizzano? Siamo seri, chi ci crede? Eddai.


Sfortunatamente, nella percezione di ormai moltissime persone - sbagliando - destra e sinistra sono ormai concetti superati e che soprattutto non capiscono più, sostituiti un po’ alla volta da altri più sottili tipo che un bonus per iscrivere il figlio a una scuola privata, o una radiografia veloce veloce fatta in una clinica convenzionata con il sistema sanitario, in fondo, sono una bella cosa, preferibile all’avere servizi pubblici finanziati a dovere e che funzionano. Ne deriva che, quando dai partiti che la popolano partono i richiami “ai valori della sinistra”, chi li pronuncia dovrebbe farsi venire il dubbio e chiedersi se là fuori, hai visto mai che qualcuno stia effettivamente ascoltando, qualcuno sappia di cosa cavolo stanno parlando.


Perché, se qualcuno effettivamente lo sapesse, è evidente che l’idea di un Pd sbilanciato a sinistra è piuttosto risibile. Anche solo per via della storia recente: fai un governo di larghe intese oggi, fanne uno domani - e ridendo e scherzando, si fa per dire, sono undici anni che il fenomeno si manifesta quasi senza interruzioni - è ovvio che un po’ perdi i punti di riferimento. Ti trovi a fare delle cose, a votare dei provvedimenti, per senso di responsabilità, perché in quel momento c’è crisi - c’è sempre crisi - e il Paese ha bisogno di un Governo, ma insomma arrivi a fine legislatura, hai ottenuto certamente qualcosa, ma hai anche dato molto. Te stesso, tipo. Il saldo non è mai in pari. L’effetto è il contrario del fiume di Eraclito: puoi bagnartici a ripetizione, perché non è davvero un fiume, è una pozza, e alla fine quello che ne esce diverso sei tu.


E non basta mai: hai governato con Monti e con Draghi, hai votato i bonus sperequativi e gli accordi con la Libia, hai per segretario Enrico Letta che nessuno ricorda tirare molotov con i no global, fai tutta ‘sta fatica e un giorno a Calenda gli gira il boccino e bum, il Pd è sbilanciato a sinistra. E ti tocca leggere espressioni del tipo “la sinistra del Pd, capeggiata da Orlando”. Ok. Emiliani, cambiate nome alle vostre vie intitolate a Trotsky, bisogna metterci il subcomandante Orlando. Non che per questo non ci sia, gente di sinistra nel Pd, nella base del Pd, tra gli elettori del Pd, persino tra i suoi eletti. Sui social non puoi scrivere una riga sul centrosinistra e citare il Pd senza che immediatamente non si palesino torme di commentatori a scrivere “perché, il Pd è di sinistra?”, e la battuta ci sta, solo che è imprecisa. Il problema è un altro, il problema è sforzarsi così tanto per dimostrare che si può stare “dentro” il sistema, concetto che è un po’ l’essenza del riformismo, da scambiare quest’esigenza con quella di provare a cambiarlo, quel sistema. E se non provi più a cambiarlo, prima o poi, è lui che cambia te. Si inverte il mezzo con il fine. Che è legittimo, intendiamoci: “gente, ve lo dobbiamo dire, non siamo in grado di realizzare una società più giusta, il massimo che possiamo offrirvi è, se proprio va bene, di renderla un cicinin meno ingiusta, sostanzialmente amministrarla con un pochino di decoro in più, facendo ritirare la spazzatura ma realizzando in pratica le politiche che farebbero quegli altri, e soprattutto evitando che energumeni con Goebbels tatuato in faccia prendano d’assalto gli edifici pubblici, più che altro perché questo spaventerebbe i mercati”. Tutto qui? Tutto qui. Non è molto, ma non è niente. Solo, basta saperlo.

E la tragedia è che, al punto in cui siamo, la prospettiva potrebbe arrivare a sembrarci quasi desiderabile.

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