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Chiaramente non è bianca, però la amo


"Non sapevo [Kamala Harris] fosse nera, fino a un paio d'anni fa, quando è diventata nera. Prima diceva di essere indiana, quindi non lo so: è indiana o nera? Penso che qualcuno dovrebbe investigare la cosa".

Mentre in Italia si parla solo dell'orrenda campagna d'odio messa in atto dalla destra contro la pugile algerina Imane Khelif, negli USA sono queste dichiarazioni grottesche di Donald Trump a far discutere i media e la rete.


Non solo perché già di per sé suona abbastanza ridicolo che un ex presidente degli Stati Uniti faccia finta di non sapere che quando - come Kamala Harris - si ha un padre giamaicano e una madre indiana si può essere sia neri che indiani, non solo perché fa appello perché "si indaghi" sulla questione (?), ma perché tutto questo ha pensato bene di farlo davanti alla National Association of Black Journalists, non prima però di aver insultato la giornalista colpevole di avergli aveva fatto una domanda sui suoi numerosi attacchi razzisti ai suo avversari politici.


La cosa non dovrebbe stupirci più di tanto, in fondo parliamo di un uomo che ha costruito la sua carriera politica su una campagna denigratoria di fake news secondo cui l'allora presidente Obama non sarebbe realmente un cittadino degli Stati Uniti e sarebbe segretamente mussulmano; un uomo che ha serenamente accettato l'appoggio politico del Ku Klux Klan e di ogni genere di estrema destra razzista e violenta; un uomo che da Presidente degli Stati Uniti si è rivolto a quattro deputate democratiche nere - ovviamente tutte cittadine americane, due delle quali nate e sempre vissute negli USA - invitandole a "tornare al proprio paese".


Da quando però Harris è diventata la candidata in pectore dei democratici, Trump, il suo candidato vice Vance e molti esponenti repubblicani non hanno fatto altro che accumulare insulti e fake news. Oltre a pronunciare deliberatamente in maniera sbagliata il suo nome, l'hanno accusata di essere una "gattara senza figli", "stupida come un sasso" e persino "canadese". Non solo, a quanto pare prima di un paio di giorni fa andava loro benissimo considerarla nera, ovviamente per insultarla come ha fatto la deputata trumpiana Harriet Hageman, la quale ha detto che Harris avrebbe fatto carriera in politica "solo grazie alle quote razziali".


Perché la verità è che i repubblicani americani - e con loro la destra occidentale - non fanno altro che denunciare la sinistra per le sue "politiche identitarie", ma è quasi l'unica carta che sanno giocare. I loro nemici sono sempre una qualche forma di "devianza" dalla norma che ovviamente è il maschio bianco cis ed etero. Ne sono letteralmente ossessionati. Non parlano d'altro. Gli esempi sono innumerevoli, basterebbe citare ciò che ha dovuto subire la pallavolista Egonu - o prima ancora la ministra Kyenge -, il sindaco di Londra Sadiq Khan, il centravanti francese Mbappé, e la lista potrebbe continuare per qualche pagina fino al più grande spauracchio di tutti, il temibile George Soros, un miliardario che investe in cause sociali più o meno quanto Elon Musk spende per seminario odio e fake news, ma quest'ultimo sarà anche sudafricano ma è bianco, mentre Soros è ebreo.


E giustamente sono attacchi spesso talmente ridicoli che ci si scherza sopra, come stanno facendo i neri americani proprio sull'X di Musk, grazie all'hashtag #WhenITurnedBlack lanciato dal comico nero Roy Wood Jr diventato virale in queste ore, ma è purtroppo davvero preoccupante.

Perché in queste ore un'altra donna indiana è stata attaccata dall'estrema destra USA, Usha Chilukuri Vance, moglie del candidato vice di Trump, J.D. Vance. Il quale, parlando in televisione degli attacchi ricevuti dal suprematismo bianco per la sua moglie indiana, non ha saputo dire di meglio che "chiaramente non è bianca, però la amo". Cos'altro dobbiamo aggiungere?

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