Quando si parla di ghiacciai, del loro ritiro e di cambiamento climatico, a una certa arriva la domanda sui teli. “Ho sentito che per rallentare il ritiro dei ghiacciai è possibile coprirli con i teli, è davvero una soluzione?”. Rispondere non è semplice. Dal punto di vista tecnico la procedura funziona, inutile negarlo. Sui ghiacciai coperti i tassi di fusione sono più che dimezzati grazie alla protezione dai raggi del sole. Il fatto di funzionare, però, non rende la copertura una reale soluzione al cambiamento climatico, per tanti motivi.
In primis è una soluzione costosa e inapplicabile su vasta scala. Dal punto di vista economico è sensata solo laddove la protezione del ghiacciaio garantisce un ritorno. Un ghiacciaio coperto richiede centinaia di migliaia di euro all’anno per essere gestito. Non a caso i ghiacciai ingegnerizzati in questo modo sono solamente quelli utilizzati per lo sci su pista o come risorsa turistica. Oltre a questo problema di pecunia, ci sono aspetti ancora più problematici.
Coprire un ghiacciaio è davvero insostenibile ambientalmente e climaticamente parlando. I teli sono per la maggior parte in plastica, per produrli serve quindi usare combustibili fossili. I combustibili fossili servono inoltre per alimentare i mezzi che stendono e rimuovono periodicamente i teli. Infine, i teli non sono al momento riciclabili. Ogni pochi anni vanno buttati (e non riciclati) e sostituiti perché le condizioni ambientali estreme li degradano (dove vadano a finire i frammenti plastici dispersi non è ancora chiaro, sicuramente non se ne stanno lì belli immobili).
Insomma per cercare di rallentare una delle conseguenze dell’utilizzo dei combustibili fossili, vale a dire il declino dei ghiacciai, consumiamo combustibili fossili, peggiorando ancor di più il problema. Non ha molto senso, vero?
Di questo e altro si parla in “I ghiacciai raccontano”.
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