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  • Immagine del redattoreDavide Serafin

Dignità salariale, dignità parlamentare

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Sì, la maggioranza di destra ha affossato la proposta di legge delle opposizioni sul salario minimo. Cos’altro vi sareste aspettati? Lo ha fatto forse nel modo più truce, ossia trasformandola - con un singolo emendamento - in una legge delega al governo. Ha svuotato il contenuto e ha tenuto il contenitore, per farne cosa chissà. D’altronde, cos’altro vi sareste aspettati dal governo più di destra della storia del Paese? Non è dignitoso per una democrazia compiuta utilizzare questi trucchi da quattro soldi, anche se i più affezionati agli scranni di Montecitorio potrebbero fornirvi innumerevoli testimonianze di sgambetti, tiri mancini, colpi sferrati a tradimento alle spalle. Se si dovesse intavolare un dibattito sulla dignità salariale, appena dopo potrebbe essere utile aprirne uno sulla dignità parlamentare. Perché il voto odierno è stato tutto tranne che dignitoso, anche per chi all’opposizione giustamente grida al torto subito.


"Bagarre e cartelli in aula", scrivono sui giornali. Testi di legge strappati davanti alle telecamere, deputati che occupano le sedute riservate al governo. Grida e momenti concitati, seduta sospesa e commessi alla ribalta per cercare di domare “l’insurrezione” delle opposizioni. Chissà se, una volta chetate dinanzi a una fumante matriciana, le fervide menti si siano per un attimo rivolte a sé stesse domandandosi ove fosse stato commesso il fatal errore. Che c’era un tempo utile per approvare il salario minimo, quel tempo in cui entrambi i poli dell’opposizione erano al potere e pur potendo decidere di unirsi a tal scopo, scelsero di dividersi.

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