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  • Immagine del redattoreSimona Buscaglia

Dio, patria e ambulatorio


Il dibattito sulla Legge 194/78 che in Italia regola le interruzioni volontarie di gravidanza è stato al centro della campagna elettorale degli ultimi mesi. Non solo per le percentuali ancora molto alte di obiettori di coscienza ma per i timori, espressi da molte associazioni di tutela delle donne, che un governo trainato dalla destra possa minare questo diritto garantito da una norma approvata più di quarant’anni fa. Alcuni provvedimenti varati da Regioni e Comuni sono finiti nell'occhio del ciclone proprio perché interpretati come primi piccoli passi di un percorso di revisione di alcuni passaggi fondamentali della legge che oggi garantisce un aborto gratuito e sicuro alle cittadine italiane.


Una delle ultime notizie che hanno creato particolare apprensione negli ambienti delle associazioni per i diritti delle donne riguarda il disegno di legge depositato lo scorso 13 ottobre dal senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, che propone la modifica dell'articolo 1 del Codice civile sul riconoscimento dell'acquisizione della capacità giuridica «dal momento della nascita». Al posto di questa espressione, verrebbe invece inserito «dal momento del concepimento». Una modifica che annullerebbe di fatto l'impianto stesso della 194. Ha fatto discutere anche la nomina di Eugenia Roccella a ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità del Governo Meloni. Roccella, a fine agosto, durante un dibattito nel programma In Onda su La7, ha sostenuto che «l'aborto non è un diritto». «Io sono una femminista e le femministe non lo hanno mai considerato un diritto – ha dichiarato – dicendo che esula dal territorio del diritto. L'aborto è il lato oscuro della maternità ed è la maternità che non è mai entrata nello spazio pubblico». Ammettendo poi l'esistenza della 194, ha aggiunto: «Non direi che è un diritto, però c'è una legge e la legge va applicata e nessuno la contesta». Il 10 ottobre è stata approvata dalla Commissione del Consiglio regionale del Piemonte la bozza di delibera attuativa del fondo "Vita Nascente", che stanzia per il 2022 400mila euro destinati a progetti, presentati da enti del Terzo settore iscritti agli elenchi approvati dalle Asl, che sostengano, anche economicamente, le donne incinte che scelgono di non abortire. In parole povere, nei consultori piemontesi avranno accesso i gruppi pro-vita. Il progetto, fortemente voluto dall'assessore alle politiche sociali, Maurizio Marrone, esponente di Fratelli d'Italia, parte da un emendamento presentato al Bilancio di previsione 2022-2024. Sempre da quanto previsto nella delibera, altri 60mila euro andranno a quattro soggetti gestori delle funzioni socioassistenziali individuati dalla delibera di Giunta 22-4914/2006, che sono i Comuni di Torino e Novara e i consorzi Cissaca di Alessandria e Csac di Cuneo.


La maggioranza di centrodestra ha votato compatta: la bozza di delibera ha incassato il sì non solo del partito di Giorgia Meloni, ma anche di Lega e Forza Italia. Il documento – si legge sul sito della Regione – prevede che i 400mila euro vengano destinati a progetti «in favore di donne gestanti, neomamme e i loro nati, che prevedano azioni […] volte a: ascolto e consulenza attraverso la presenza […] nei presidi sanitari; supporto alle donne in attesa per accompagnarle in una scelta individuale consapevole; progetti di sostegno alle mamme […] anche attraverso il sostegno economico […] e gli aiuti materiali/fornitura beni di prima necessità; percorsi di sostegno psicologico sia individuali che di gruppo[…] e accompagnamento ai gruppi di auto mutuo aiuto tra gestanti e neomamme». Il provvedimento è stato fin da subito osteggiato dalle opposizioni in Regione Piemonte (che hanno votato contro) e da diverse realtà che tutelano i diritti delle donne, come la rete “Più di 194 voci”, che riunisce una cinquantina di associazioni a difesa delle libertà civili della provincia metropolitana di Torino: «A loro non importa davvero dei diritti delle donne» precisa la storica femminista Carla Quaglino, rappresentante della Casa delle Donne di Torino e animatrice della rete “Più di 194 voci”. «Questo è solo un assaggio di quello che ci ritroveremo ad affrontare durante questa legislatura, tanto che Meloni ha parlato spesso di “Modello Piemonte”. Sono anni che si preparano, sono andati a scuola da Agenda Europa, quel gruppo di integralisti cristiani che si professano a favore della famiglia naturale e in realtà sono contro moltissimi diritti che noi diamo per acquisiti. Hanno molti soldi e sono molto attrezzati, hanno influenzato tanti personaggi e molti gruppi pro-vita in Italia». Secondo Quaglino è significativo che in campagna elettorale si sia sentito parlare così tanto di aborto: «Hanno preparato il terreno: erano decenni che in campagna elettorale non si parlava così tanto dell’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg).


Nel fondo “Vita Nascente” poi troviamo una parola simbolica: queste associazioni sarebbero nei consultori per “intercettare” le donne che non vogliono abortire. Una parola che, a ragionarci, fa davvero effetto. Noi lavoriamo a stretto contatto con le mediche dei consultori e si sa benissimo che una donna abortisce proprio perché non vuole diventare madre: la percentuale di coloro che non fanno un figlio per ragioni economiche è bassissima. Perché invece questi soldi non li hanno investiti in prevenzione? Magari per avere anticoncezionali gratis fino a 25 anni?». In una nota, il movimento “Non Una di Meno” di Torino ribadisce: «Il fondo "Vita Nascente" è una presa di posizione e un atto puramente politico e dimostrativo a scapito dei nostri corpi, che nulla ha a che vedere con il sostegno della genitorialità. I soldi promessi non bastano a nessuna spesa legata al post-partum e qualsiasi persona abbia scelto un Ivg lo sa benissimo. La gravità del provvedimento sta proprio, infatti, in questo paternalismo e in questo accanimento sulle fasce più marginalizzate, come se bastasse una manciata di euro a cambiare le nostre scelte». Continua a leggere su Ossigeno 10

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