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Immagine del redattoreJessi Kume

Domani è già tardi



Domani è già tardi. Con queste parole i ragazzi e le ragazze di Fridays For Future hanno chiamato le piazze e il corteo per lo sciopero globale del clima. Era già tardi anche ieri.


A Roma a sfilare su via Cavour in cima al corteo dietro il furgoncino della musica, c’è il cartonato di uno dei responsabili principali del collasso climatico nel nostro paese e non solo: il cane a sei zampe che sputa fuoco. Il marchio di ENI che nasce nel 1953 ma che è lungimirante. È un marchio precisissimo per la situazione in cui ci troviamo oggi. Infatti, al corteo il mostro a sei zampe sfila ergendosi su un plico di denaro sputando fuoco su di un globo che rotola spinto dai ragazzi di Fridays For Future.


Dietro sfiliamo noi. Tanti, è vero, ma comunque pochi. Balliamo sventolando bandiere e agitando cartelli sotto il sole primaverile di inizio marzo. Anche se a regola siamo ancora in inverno. Si dice dal microfono che siamo più belli di loro, che siamo arrabbiati ma in quel corteo ridiamo riconoscendo chi abbraccia la lotta per l’esistenza. Quello che però oggi ride è ENI, che annuncia un utile operativo adjusted per il 2022 di 20,4 miliardi. I profitti più alti di sempre. Più del doppio rispetto al 2021. Noi invece siamo diminuiti. Se si alzano i profitti di ENI, dobbiamo alzarci anche noi.


Ieri sera ho scritto ad alcune persone per chiedere se le avrei trovate al corteo. Mi rispondono: ma io lavoro. Che è anche il ritornello di quella canzone di Sanremo (primo sponsor: ENI). Ma io lavoro per non stare con te. In piazza.

Infatti si tratta di uno sciopero, altrimenti sarebbe stata una manifestazione. Sciopero significa che il corpo non lo porto al lavoro ma lo porto in piazza. Uno dei cori intonati oggi è: “se bloccate il futuro noi blocchiamo la città”. Bloccare la città non vuol dire solo bloccare il traffico per qualche ora con i nostri corpi. Bloccare la città vuol dire anche bloccare la macchina del profitto. Scioperare vuol dire anche far vedere che senza di noi la macchina non va avanti. E che noi quella macchina la vorremmo elettrica e non a combustione. E comunque pensare alla crisi climatica - la crisi più grave che verte sulla nostra esistenza - vuol dire anche ripensare alla nostra economia, alla nostra povertà energetica e non solo. Vuol dire anche avere una bolletta meno cara da pagare a fine mese con i soldi di quel lavoro che spesso non ci bastano.


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