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  • Immagine del redattoregiuseppe civati

Ed ecco, all’improvviso, Mattarella



Come già a Rimini, così a Forlì, Mattarella parla di immigrazione in un modo corretto e diretto e soprattutto costituzionale, mentre tutti danno il peggio di sé, ventiquattr’ore su ventiquattro, a reti unificate.


Mattarella inaugura l’anno scolastico in una scuola di Forlì e dice, semplicemente:


«Non c’è futuro individuale senza il sapere. Non ci può essere società libera e ordinata senza la scuola.

L’inclusione è, quindi, un obiettivo di importanza decisiva. Molti passi sono stati fatti negli ultimi decenni per i giovani portatori di disabilità, grazie anche allo straordinario lavoro degli insegnanti di sostegno. Ma su questo fronte non possiamo fermarci né, tantomeno, tornare indietro.

Va considerato anche con attenzione che le nostre classi sono frequentate da circa 800 mila studenti, migranti o figli di migranti stranieri. Un decimo degli iscritti nei nostri istituti. Si tratta di un impegno educativo imponente. Studiano da italiani, apprendono la nostra cultura e i nostri valori, e possono costituire un grande potenziale per il nostro Paese. Dal loro positivo inserimento può dipendere parte importante del futuro dell’Italia.

Tuttavia la peculiare condizione di migranti, unita alle condizioni di povertà di molte loro famiglie, fa sì che queste ragazze e questi ragazzi siano esposti – più di altri - a ritardi o abbandoni scolastici. Non si cresce con il necessario spirito civico nell’isolamento. Perché forme, pur non dichiarate né intenzionali, di separazione producono rischi gravemente insidiosi per l’intera società.


Dobbiamo scongiurare il rischio di giovani che, crescendo al di fuori dei canali scolastici, traducano la loro marginalizzazione in rifiuto della convivenza o come impulso alla ribellione.


Per questo l’inclusione è valore fondamentale della scuola.»


È così difficile da capire e, soprattutto, è così difficile da dire? Perché Mattarella rimane l’unica figura istituzionale – fortunatamente la più importante – che riesce a descrivere con parole semplici e chiare l’aspetto evolutivo (!) dell’immigrazione? Perché tutti gli altri o quasi – ieri si è aggiunto Giuseppe Conte, forse per celebrare il quinto anniversario dei decreti sicurezza firmati con Matteo Salvini e presentati con tanto clamore quando era a Palazzo Chigi – devono speculare, e solo il Presidente della Repubblica ragiona?


C’è da diventare matti: siamo un paese interculturale, dovremmo investire sull’inclusione – sulla convivenza, meglio ancora. Creare un contesto di rispetto, perché le nostre bambine e i nostri bambini – tutti quanti – possano crescere, imparare, diventare cittadini maturi e consapevoli. Mattarella dice una cosa in più, senza nemmeno il bisogno di mettersi al livello dei ministri e dei generali e alle loro intemerate sull’italianità, la sostituzione etnica, i ceppi e così via:


«Studiano da italiani, apprendono la nostra cultura e i nostri valori, e possono costituire un grande potenziale per il nostro Paese. Dal loro positivo inserimento può dipendere parte importante del futuro dell’Italia.»


Mattarella ci parla di fragilità e anche di povertà, perché la questione è sempre quella: la povertà. E l’ascensore sociale, anche, che la scuola dovrebbe rappresentare per tutti, soprattutto per chi parte da condizioni più svantaggiate. Questo sì che è merito, non la retorica del governo attuale e di alcuni non brillantissimi precedenti.


E davvero così difficile capire?

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