Nel paese in cui il dibattito sull’immigrazione ha assunto il profilo dell’Alabama degli anni Cinquanta, si parla di soluzioni concentrazionarie, si minacciano sfracelli contro i complottisti, ci si accorda con dittatori parlandone come se si trattasse di Kohl, Gianfranco Fini ha detto che la Bossi-Fini va cambiata. Rimane solo da attendere il parere del cofirmatario e poi si può procedere.
Il ritorno autocritico di Fini ci ricorda che si sono persi vent’anni dietro a soluzioni sbagliate, a contraddizioni plateali tra chiusure e sanatorie, a vergogne incostituzionali, a botte di propaganda senza fondamento e senza soluzioni.
Parole d’ordine che hanno riempito la bocca di chi ha governato e governa e la testa degli italiani, senza capire che si trattava e si tratta di un approccio fallimentare sotto ogni punto di vista.
Intanto il paese invecchia, la manodopera scarseggia, i nuovi cittadini sono milioni e ancor più i regolarmente residenti, in Europa più che di blocco navale si può parlare di blocco politico, grazie a Visegrád e all’egoismo di ogni singolo di Stato e si dà la colpa alla sostituzione etnica e a piani segreti per farci scomparire.
La notizia che nessuno vuole dare è che siamo scomparsi già. Facciamo da soli. Da anni. Pervicacemente.
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