A oltre un anno dall'invasione Russa dell'Ucraina, la brutalità di una guerra che bussa alle nostre porte dovrebbe risvegliare la nostra attenzione anche sui (purtroppo) molti altri conflitti che dilaniano paesi più distanti ma non per questo meno meritevoli della nostra attenzione. Anche per questo la nostra causa editrice ha spesso scelto di raccontarvi quanto accade nel mondo, dall'Afghanistan al Sudan, dalla Russia alla Repubblica Centrafricana, da Haiti alla Repubblica Democratica del Congo. Lo abbiamo fatto grazie al lavoro di chi da anni dà voce a quei territori, come Nico Piro o Antonella Napoli, e di chi ha speso una vita in difesa dei diritti umani, come Riccardo Noury.
Ed è proprio del nuovo libro del portavoce di Amnesty International Italia, scritto a quattro mani con Antonio Marchesi, Direttore del Master in Peace Studies della American University of Rome, che vogliamo parlarvi oggi: Giustizia senza confini.
Il venticinquesimo anniversario dello Statuto di Roma, che nel luglio 1998 istituì la Corte penale internazionale, offre l’opportunità di fare il punto sul cammino della giustizia nell’ultimo quarto di secolo. I tribunali in grado di applicare il principio della giurisdizione universale e la stessa Corte penale internazionale spesso rappresentano l’unica possibilità, per le persone sopravvissute a gravi crimini di diritto internazionale, di ottenere giustizia. Una ricerca che si scontra con molti ostacoli, dalla mancanza della volontà politica di garantirla appieno ai limiti ancora presenti negli ordinamenti nazionali. Ma punire i responsabili di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidi resta una necessità inderogabile e l’unico mezzo per abbattere l’impunità.
Come scrivono gli autori:
"La punizione di chi (persone in carne e ossa, non entità astratte) si macchia di crimini di guerra o di atti di tortura è condizione necessaria a prevenire ulteriori crimini di guerra, ulteriori atti di tortura. Proteggere davvero i diritti umani significa, anche, spezzare il cerchio dell’impunità individuale. Di questa verità il movimento internazionale per i diritti umani – e Amnesty International in testa – è da tempo pienamente consapevole".
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