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  • Immagine del redattoreFranz Foti

Ho visto un King



Martedì 2 agosto il tribunale di Washington D.C. ha ospitato un testimone di enorme spessore. Il re dell’horror in persona, Stephen King, ha lasciato il suo amato Maine per recarsi nella capitale e testimoniare contro il suo editore. Un fatto estremamente significativo, di cui i media italiani hanno parlato poco o nulla, e che abbiamo pensato di raccontarvi noi, perché riteniamo che il fatto sia importante anche pensando alle faccende del nostro paese.

Una piccola, dovuta premessa. Negli Stati Uniti il mercato letterario è dominato da cinque grandi gruppi editoriali, proprietari complessivamente di centinaia di marchi editoriali tra i più famosi e prestigiosi d’oltre oceano. Sono chiamati i “big five”: Hachette Book Group, HarperCollins Publishers, Macmillan Publishers, Simon & Schuster, e Penguin Random House. Una volta erano i “big six”, ma nel 2013 Penguin e Random House si sono fuse in un unico gruppo. Presto potrebbero essere “big four”, perché Penguin Random House ha acquisito per oltre due miliardi di dollari Simon & Schuster, ma la fusione è bloccata da una causa intentata dalla procura di Washington, che ritiene questa acquisizione violi le leggi americane contro i monopoli.

Un’accusa per nulla infondata, già oggi i big five controllano di fatto il 90% del mercato editoriale americano, che con questa fusione sarebbe ulteriormente contratto e stritolato nella sua pluralità.

 

Così sembra anche pensarla uno dei principali autori di Simon & Schuster, Stephen King, che ha deciso di testimoniare a favore della procura, portando la sua cinquantennale esperienza nel settore letterario. King ha dichiarato che la fusione tra la sua casa editrice e la Penguin sarebbe un danno ai lettori e agli autori, nonché agli editori indipendenti.

I primi vedrebbero ridursi ulteriormente la pluralità dell’offerta, perché inevitabilmente i grandi gruppi fanno scelte editoriali molto precise e volte esclusivamente al profitto, piuttosto che alla diffusione delle voci e delle idee. Gli autori ne soffrirebbero non solo in quanto depositari di quelle voci e di quelle idee, ma anche in quanto lavoratori. Diversi studi hanno mostrato come il progressivo consolidamento del mercato in mano a pochissimi enormi gruppi industriali abbia ridotto significativamente tanto gli anticipi quanto le royalty per gli autori, che quindi anche a parità di vendite guadagnano sempre meno.

Ne soffrono i piccoli editori – e questo lo possiamo testimoniare anche noi – perché i grandi gruppi editoriali sono anche quelli che controllano la promozione, la distribuzione, la vendita al dettaglio, con meccanismi volti ovviamente a favorire i marchi in loro possesso rispetto a quelli indipendenti.

 

Da sempre Stephen King è schierato a difesa della pluralità nell’editoria, e anche negli ultimi anni ha scelto più volte di pubblicare con piccoli editori indipendenti, oltre che con i big five, arrivando a rinunciare a profitti molto grossi.

 

Il mercato italiano non è poi molto diverso da quello statunitense, anche da noi è sostanzialmente controllato da una manciata di grandi gruppi. Siamo curiosi di scoprire quale sarà il primo grande autore nel nostro paese, a schierarsi così apertamente a favore della pluralità e contro i monopoli.




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