Si discute molto, in queste ore, del disegno di legge n. S645 presentato al Senato a prima firma Lisei (Fratelli d’Italia) e dal titolo “Misure di prevenzione da atti di vandalismo”.
Il testo, depositato il 5 aprile 2023, non è ancora disponibile sul sito del Senato, ma le anticipazioni dei media riferiscono del suo scopo specifico, cioè punire quelli che la maggioranza di governo (e non solo) definisce “eco-vandali”, cioè gli attivisti climatici.
Nella specie, infatti, le norme dovrebbero punire non solo chi danneggia, ma anche chi si limita a deturpare o anche solo ad imbrattare (con vernice lavabile ad esempio) “edifici pubblici o di culto ed edifici sottoposti a tutela come beni culturali” con una pena detentiva che va da sei mesi a tre anni di reclusione e con la multa da 600 a 1000 euro.
In più dovrebbero consentire l’applicazione del DASPO urbano di cui alla legge n. 48/2017 a protezione dei monumenti.
Mentre da una parte (la parte destra) c’è chi esulta, a sinistra pare prevalga lo sdegno per la previsione di pena così elevata e sproporzionata rispetto al fatto descritto.
Ma vediamo meglio.
Secondo le intenzioni dei promotori queste norme andrebbero a sostituire l’art. 635 codice penale, che tuttavia punisce una fattispecie diversa, il danneggiamento (chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili, cioè una modifica definitiva ed irreparabile del bene) mentre il deturpamento e l’imbrattamento di cose altrui è punito da altro articolo del codice penale, il 639: Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 103.
Il secondo comma invece disponeva che Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro, ma anche che Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro.
Tuttavia, quest’ultimo capoverso è stato abrogato perché sostituito da altra norma, vale a dire l’art. 518 duodecies del codice penale, che già oggi punisce con quella stessa pena (reclusione da sei mesi a tre anni e multa più elevata, da euro 1.5000 a euro 10.000) chiunque “…deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui”.
Quindi, per i beni culturali (non per gli edifici pubblici o di culto che sarebbero la vera novità integrativa), la norma esiste già, ed è già pesantissima.
Ed è stata introdotta dal governo Draghi con la legge n. 22 del 9 marzo 2022, con un iter che è partito dal disegno di legge n. C89 presentato dagli on. Andrea Orlando e Dario Franceschini, il 9 luglio 2018 (la proposta è stata ferma tre anni, durante il Conte 1 e il Conte 2, poi è stata riportata in aula nel 2021 quando Franceschini ed Orlando erano di nuovo ministri).
Peraltro, il DASPO urbano che Fratelli d’Italia vorrebbe applicare agli attivisti climatici, è quello di cui al DL 20 febbraio 2017, a firma Gentiloni (Presidente del Consiglio), Minniti (Ministro dell’Interno), Orlando (Ministro dell’Interno), Costa (Ministro per gli affari regionali), poi convertito da quella maggioranza nella legge n. 48/2017.
Quindi tirando le fila.
La norma che sta provocando sdegno per la sua iniquità e per la pena sproporzionata che commina a seguito di un semplice imbrattamento temporaneo esiste già, l’ha votata la maggioranza Draghi, l’ha proposta il PD, in particolare Orlando e Franceschini, tutt’ora parlamentari del PD.
Il DASPO per il decoro urbano di cui si chiede l’applicazione è quello del governo Gentiloni, su un decreto firmato sempre da Orlando e da Minniti.
L’unica novità sarebbe l’estensione della norma punitiva già esistente, e già sporporzionata, ad edifici pubblici e di culto.
Concludendo, Fratelli d’Italia non riesce a fare di meglio di quanto ha già fatto il PD per punire chi (giustamente, anche se con modalità discutibili ma innocue) protesta contro l’inerzia della politica sulla crisi climatica.
D’altro canto non vediamo come il PD possa giustificare (credibilmente) un eventuale voto contrario, e questo ci preoccupa.
Insomma, Giorgia Meloni deve impegnarsi di più, speriamo solo che per primeggiare in questa “gara” non introduca anche il 41 bis per gli attivisti climatici, e lo diciamo piano perché non siamo sicuri che sia solo una battuta.
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