Francesca Druetti
Il colore delle Sirene
Aggiornamento: 17 set 2022

Di che colore sono le Sirene? Sono giorni che migliaia di persone argomentano, sbraitano e in larga parte danno un triste spettacolo di se stesse cercando di rispondere a questa domanda.
Tutto perché Halle Bailey, la giovane cantante americana scelta dalla Disney per interpretare Ariel nel live-action della Sirenetta, è nera. E nera è quindi Ariel nel film. Apriti cielo. Così, dopo essere stati per settimane tutti esperti dell'universo Tolkieniano, ora sono improvvisamente tutti esperti di favole nordiche e mitologia greca. Che potrebbe anche essere vero, tra l'altro, senza che questo porti necessariamente un'opinione decisiva nella discussione su come rappresentare i personaggi in questione.
Per evitare di smarrirci nelle acque grigie e profonde del mare del Nord, prendiamo un caso in cui la fonte ci permette di ribaltare il discorso, cioè quello della serie "Gli anelli del potere", appena prodotta da Amazon, in cui Lenny Henry interpreta un Hobbit nero. Ci sono Hobbit non bianchi nel canone di Tolkien? La risposta è sì, testo alla mano. Ma anche se non ci fossero, avrebbe allora più senso l'isteria collettiva che ha colto numerose (e rumorose) persone che hanno preso d'assalto Twitter e gli altri social, nonché gli editoriali dei giornali che hanno dato loro spazio, per esprimere il loro dissenso - variabile da un'opinione infastidita al boicottaggio della serie e alle minacce di morte verso cast, regia e produzione?
Tornando alla Sirenetta, leggere disquisizioni sulla funzione della melanina in fondo all'Oceano sarebbe patetico se non fosse sintomo del razzismo strutturale che influenza il modo in cui produciamo e consumiamo ogni tipo di media. La colonizzazione dell'immaginario collettivo ha fatto sì che, come ha scritto Djara Khan, "il nostro sguardo sia stato plasmato dalla bianchezza. C'è sempre stato un ordine. I bianchi per primi. Poi tutti gli altri da contorno". Per lungo tempo e ancora troppo spesso, un contorno di ruoli non solo stereotipati ma anche tipizzati - la spalla comica, il bruto, l'espediente narrativo del caso. Nessuno ti accusa di eccesso di progressismo se infarcisci un film di attori e attrici non bianche in quei ruoli, anzi, ci aspettiamo di vederli, abituati a quel tipo di rappresentazione. Ma se un personaggio principale, magari protagonista, è nero, allora iniziano a fioccare osservazioni del tipo: "Ormai bisogna sempre destinare una quota alle minoranze", "Vi siete piegati al politically correct", "L'agenda progressista ha rovinato la TV" e così via. Se poi si tratta di modificare o riadattare una storia già raccontata, la questione esplode, fino ad arrivare a discutere per giorni del colore delle Sirene.
"Ma allora se Disney facesse un live-action con Pocahontas bianca cosa direste? È la stessa cosa". Giuro che anche questo è un tweet vero. Solo che no, non è la stessa cosa. Pocahontas innanzitutto è una persona realmente esistita, la cui storia è drammaticamente influenzata dalla questione dell'etnia. E questo già chiuderebbe il discorso. Ma anche se, per assurdo, non lo fosse, è evidente che non è la stessa cosa modificare l'appartenenza etnica di un personaggio per renderlo più bianco e invece scegliere di rappresentare un personaggio tradizionalmente raffigurato come bianco in modo diverso. Dato che la stragrande maggioranza delle storie che vediamo sono ancora storie di bianchi, raccontate da bianchi per bianchi, e interpretate da bianchi, fare "white washing" a un personaggio originariamente non bianco è estremamente problematico, non ci vuole un'analisi molto raffinata per capirlo.
"Ma perché cambiare la Sirenetta, invece di creare nuove storie con personaggi con la caratterizzazione che si vuole?". Questa è una domanda che, per un'altra storia, mi è stata posta anche dal vivo, da una persona che aveva una sincera curiosità al riguardo. Il bisogno di vedere più storie con personaggi non bianchi (o non cis-etero, per dire) non si esaurisce solo creando storie nuove - che fortunatamente vengono scritte e prodotte e interpretate con sempre maggiore frequenza. È un'esigenza anche retroattiva, per così dire. Per chi non si è mai visto rappresentato nei testi che tutti studiavano a scuola, nei libri che tutti leggevano, nei film che tutti vedevano, nella TV che passava ogni giorno sullo schermo, ha un impatto fortissimo vedere un personaggio che è già noto, amato, radicato nella cultura popolare, assomigliargli di più. Si possono scrivere e si stanno scrivendo mille storie originali con protagoniste in cui le bambine nere potranno rivedersi e identificarsi, ma Ariel è Ariel, e gli sguardi delle bambine che scoprono estasiate la prima inquadratura di Halle Bailey, postati a decine sui social, parlano da soli. Questo bisogno di riequilibrare la mancanza di rappresentazione reclamando personaggi già esistenti (con il loro ruolo consolidato nel nostro immaginario e la loro complessità e la loro storia) invece di crearne di nuovi è per esempio uno dei motivi per cui ha tanta diffusione la produzione delle cosiddette fanfiction, testi scritti da fan in cui personaggi di grande fama vengono reimmaginati con un genere diverso, o un orientamento sessuale diverso, o un'etnia diversa e via discorrendo.
E alla fine basterebbe chiedersi: perché la Sirenetta dovrebbe essere bianca e sempre e solo bianca? Perché Andersen era danese? Perché le Sirene stanno in fondo al mare? Ah, beh. Se è quella la ragione, più che della melanina mi preoccuperei dei capelli.
O forse è perché siamo abituati a vederla così e non ci piace che le nostre cose cambino? Non sorprendentemente, le Sirene esistono in molte mitologie, anche non bianche. Semplicemente, immersi nel "canone occidentale", abituati a uno sguardo non ancora decolonizzato, o ancora pienamente e attivamente razzisti, non le abbiamo mai notate e se ora ce le indicano pensiamo che ci vogliano togliere qualcosa per fare spazio a loro, mentre invece sono sempre state qui e non è lo spazio che va allargato, ma solo il nostro sguardo.