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Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Il mammozzone



Parliamo del Pd. Scusate. Il Pd, dicevamo, è un partito alquanto unico nel suo genere: quando deve scegliere il suo leader, si apre anche a chi non ne fa parte, in un certo senso potremmo dire che lo fa scegliere agli altri, negli intenti agli elettori in quanto comunità più vasta di quella degli iscritti veri e propri, ma potenzialmente un po’ a chiunque, persino agli avversari. Poi non è mica vero che quando si tengono le primarie ci siano tutte queste masse di infiltrati, e anzi, l’idea ha un suo perché e anche per questo è ritenuta tra quelle più interessanti, per quanto controversa, dell’identità Dem. Però, quando dopo un po’ di tempo quel leader viene silurato, non sono gli avversari a occuparsene, no, e nemmeno gli elettori: in quel caso il Pd fa tutto da solo, al suo interno. Da Veltroni in poi, anche questa è in un certo senso una tradizione specifica, i leader del Pd non se ne vanno perché perdono, ma di solito perché vengono buttati giù dalle correnti del Pd stesso. Molto pittoresco.


E, poiché i cicli politico-mediatici sono sempre più veloci, a tre mesi dalle ultime primarie siamo già in un clima da guerra civile. Una cosa talmente parossistica che anche a chi non lo vota viene da dire: non starete esagerando? Ma la domanda non rileva, quando ormai la schiacciasassi è già in moto. Volano i coltelli, ma come sempre fuori bersaglio, non si sa se per incapacità di analisi o se per malafede, perché francamente, se il problema è lo spostamento del Pd verso posizioni più massimaliste o semplicemente più di sinistra, a guardar bene tutto questo spostamento non c’è mica stato. Anche il cambiamento, pochino, fin qui. Proprio gli elettori citati prima, quelli che nelle urne delle primarie avevano ribaltato la scelta degli iscritti, che ci avevano creduto, cosa staranno pensando oggi? Saranno ancora convinti che il Pd è riformabile? È fattibile stare coi cacicchi, per abbattere i cacicchi? È possibile trovare una linea che dica dei sì e dei no vagamente comprensibili, in una comunità fatta di beh bah mah meh boh? Domande difficilissime, non c’è dubbio, ma che pressano alla porta già da un pezzo, perché se forse si possono giudicare troppo drastici quelli che nemmeno lo volevano far nascere, questo benedetto partito, o quelli che avrebbero volentieri dichiarato l’esperimento morto in culla già quando si dimise Veltroni, è almeno dai tempi di Renzi che i dubbi sulla sua ragione d’essere hanno una loro pesante fondatezza. Per tacere del fatto che dopo di lui, non dimentichiamocelo, c’è già stato uno che doveva rimettere la barra a sinistra, quello Zingaretti che tutto d’un botto a un certo punto si è dimesso e a distanza di tempo ancora nessuno ha realmente capito il perché. Se vi pare normale…


Insomma, come si userebbe dire in un’assemblea di quelle di una volta, quelle in cui si inizia ringraziando il Segretario, amici e amiche, compagni e compagne, siamo proprio sicuri che sia davvero indispensabile continuare a tenere in piedi ‘sto mammozzone? Cos’è, una condanna a vita? Non l’ha mica ordinato il medico. C’è vita là fuori, sapete? Ci sono i movimenti ambientalisti, quelli per i diritti civili, le femministe di nuova generazione, i nuovi sindacati che combattono contro gli algoritmi, magari non folle oceaniche, ma manifestazioni di un’avanguardia, di un magma che si muove, dice cose, segna un percorso possibile, magari ancora da strutturare ma che prova a rappresentarsi. E, facendolo, non è che sembri particolarmente interessato a farlo proprio relazionandosi con il Pd: e porca miseria, qualcosa vorrà pur dire. Altrimenti ha ragione Renzi, si faccia un soggetto borghese - lui lo chiama riformista - uno che tratta tutte quelle istanze col paternalismo di chi ha il culo al caldo e davvero non vorrebbe radere al suolo l’Amazzonia, ma ragazzi cari, da qualche parte bisogna pur allevarle tutte quelle bistecche che ci mangiamo. E sinceramente non ha nulla contro i gay ma cercate di capire, c’è la Chiesa, ci sono le componenti cattoliche, accontentatevi di quello che avete e non rompete le scatole. E la guerra è brutta, ci mancherebbe, a nessuno piace la guerra - che siamo, matti? - ma adesso zitti, che ci sono questioni più importanti di cui occuparci. E così via. Posizioni spiacevoli, non c’è dubbio, ma almeno sincere. Soprattutto, comprensibili. Perché questo è il problema, cercare di fare insieme due cose opposte fra loro, spiace dirlo ai compagni e alle compagne che credevano altrimenti, non è possibile.




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