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  • Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Il più grande favore mai fatto alla causa vegana



È tutto bellissimo. Anni e anni di sforzi sovrumani per far calare il consumo di carne e di prodotti di origine animale, generalmente accolti non solo molto male, ma con lo spiacevole effetto collaterale di far nascere una specie di “orgoglio carnivoro”, per pura contrapposizione (provate a scrivere su un social "carbonara vegana", e ve ne accorgerete), quando ecco finalmente la soluzione: una legge del cavolo (che per felice coincidenza è una verdura) contro la carne in vitro. Nessuno ci aveva mai pensato, ci voleva questo Governo.


I social si sono scatenati, perché nella lettura del testo la formulazione appare sufficientemente ambigua da poter causare qualche effetto non voluto. Sul serio, visto che molti formaggi e yogurt rischiano di diventare fuorilegge in quanto fatti col siero, che è una coltura da cellule animali proprio come la carne erroneamente definita artificiale. E poi, dove si dice che, se un prodotto non ha ingredienti di origine animale, allora non può chiamarsi con nomi che ricordino pietanze, appunto, animali. Addio agli hamburger vegani, quindi, o almeno questa era l’idea, rivendicata dal senatore leghista Gian Marco Centinaio in un tweet: e a leggere il fiume di risposte che gli sono arrivate, mal gliene incolse.

Primo, perché quasi tutti fanno notare che solo un elettore leghista ha bisogno di una legge che lo tuteli da un prodotto la cui etichetta riporta una dicitura del tipo “mortadella vegetale”. E in effetti. Secondo, perché Centinaio non ha ben calcolato le possibili interpretazioni. Che, se non sono un “centinaio”, poco di manca. E allora – si chiede qualcuno - il salame di cioccolato? E le lingue di gatto? L’aranciata sanguinella? Le – ehm – palle di Mozart? Se vale il principio di identità fra nome e sostanza, chiedono altri, la finocchiona dovrà cambiar nome? E il Cucciolone? Se invece ne viene data un’interpretazione estensiva, non trae in inganno l’orecchia di elefante, che dopotutto non è davvero fatta - o almeno, si suppone - con il padiglione auricolare di un proboscidato? La tassa di successione si applica, sulla Coppa del Nonno? E come la mettiamo con il salame di Felino? I leghisti potrebbero turbarsi (eccetto quelli vicentini, ovviamente).


Una legge simile peraltro esisteva già, una norma europea che impedisce di chiamare latte ciò che non è effettivamente munto, anche se l’Italia aveva stabilito un’esenzione per prodotti tradizionali (mandorla sì, soia no, perché? Mistero). Ma chissà, dopotutto i consumatori leghisti potrebbero essere portati a pensare che effettivamente ci sia qualcuno che munge le mandorle.

Ora la palla passa a Mattarella, che deve decidere se firmare questa legge, e poi all’Europa. E non è improbabile che ora le vendite degli alimenti veg si impennino, in una specie di operazione simpatia solidale imprevista. Nel frattempo, qualcuno potrebbe notare che Giorgia Meloni non è effettivamente una cucurbitacea. O forse sì.

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