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Immagine del redattoreIlaria Bonaccorsi

Il sogno di un’informazione libera



L'editoriale di Ilaria Bonaccorsi per Censura!, il nuovo numero di Ossigeno, disponibile sullo store di People


Quando anni fa dirigevo un settimanale generalista e di parte (nel senso che aveva scelto dichiaratamente una parte) una delle regole “di sopravvivenza” era di non scrivere d’informazione perché «non frega niente a nessuno», mi dicevano i colleghi giornalisti in redazione. Non parliamoci addosso, non difendiamo la nostra categoria e il nostro mestiere, non parliamo di informazione libera e indipendente perché altrimenti ci tirano dietro le pentole.  Vi ricordate il periodo dei libri alla Sergio Rizzo sulla vera casta? Altro che i politici, i giornalisti sono la vera casta, si cominciava a sostenere con una certa insistenza. Così è iniziato tutto. La demolizione morale e poi materiale di una figura professionale al grido di “sono tutti venduti”. Al potere, ovviamente. Non più cani da guardia ma prezzolati animali addomesticati dai grandi poteri.

Mentre leggevo i contributi di questo numero di Ossigeno ho ripensato alla mia storia passata e faticosissima in un piccolo settimanale indipendente fatto da una cooperativa di giornalisti che ha cercato disperatamente notizie e una parte ideale e politica da rappresentare. Non volevamo blandire nessuno, non volevamo nessuna cosa dal potere, nessun favore. Volevamo solo trovare come e con chi avremmo potuto prima raccontare e poi cambiare la Storia. Non è andata benissimo e questo numero di Ossigeno ne spiega bene (molto più in generale) le ragioni. Personalmente, rivendicherò per sempre il tentativo e la certezza che la cooperativa di giornalisti sia la miglior forma legale e il miglior modo per assicurare a un giornale purtroppo non la sopravvivenza ma certamente la libertà. L’insostituibile indipendenza dell’essere. La concentrazione sul mercato, l’iper potenza di alcuni gruppi che tutto monopolizzano e “ripubblicano”, che tutto cancellano (la tecnica è sempre la stessa: ti vandalizzano, si appropriano di tutto, ti ripubblicano senza mai citarti, ti silenziano fino a farti sparire dal dibattito, dalle rassegne stampa. In sostanza, non devi esistere), ha prodotto la fine inevitabile dell’informazione libera e indipendente (che non vuol dire imparziale. Questo è un equivoco insopportabile per me). 

I grandi protagonisti di quello che forse Cosseddu definirebbe un “true crime” sono a mio avviso tre: i poteri economici, la politica e la nostra “fu” informazione. E il crimine è stato commesso in un paio di passaggi veloci: 1) i politici capiscono che i giornali servono a fare politica; 2)  i grandi gruppi economici capiscono che i giornali servono a “controllare” la politica o, meglio, a costruirla a modo loro e per le loro ragioni (difficilmente nobili). I due passaggi hanno ucciso indipendenza e libertà dell’informazione. I grandi partiti dei secoli scorsi capivano l’importanza di avere un quotidiano per diffondere e sostenere la propria azione politica (la storia de l’Unità docet), siamo arrivati agli Agnelli che comprano il gruppo La Repubblica\Gedi o all’ormai mitico Silvio Berlusconi, vero killer professionista della politica e dell’informazione. 

Leggerete tutto, su questo numero di Ossigeno. Dei mostri che ne sono scaturiti, come la disumanizzazione del dibattito e del suo linguaggio, l’etnicizzazione della notizia, il razzismo strutturale, il negazionismo, leggerete della ricaduta di questo asservimento sulle questioni reali della vita: quella ambientale, i migranti, le disuguaglianze… Leggerete di X e di Elon Musk come massimo esempio di tutto questo impazzimento e di candidati alle presidenziali che si ritirano per la violenza delle shitstorms che gli vengono scatenate contro, leggerete di fake news e di IA, di giornalisti che vanno in burnout e che non riescono più a “dare” le notizie. Leggerete di un giornalismo che ha pensato di poter fare dei compromessi e alla fine è stato comprato, concentrato, asservito, poi snaturato e alla fine è morto, lasciando tutti nella nebbia delle varie propagande del potere di turno. 

Ho sempre pensato che la qualità per i “cani da guardia del potere” fosse fondamentale ed era forse inevitabile perdere tutto se questa qualità fosse uscita di scena. Cioè se a farla da protagonista fossero arrivati le Eni e i Musk di oggi, un potere economico scellerato, a volte razzista, molto spesso negazionista (matto, direi), e avesse comprato e piegato nell’animo praticamente tutti (come è accaduto: dalla politica all’informazione), non poteva che finire così. Che i cani si incarognivano dietro a un potere carogna.

 Democracy dies in darkness (‘la democrazia muore nell’oscurità’) scrive sin dalla fondazione il Washington Post, sotto il suo logo, nella home page del sito. Lo cita la redazione di Scomodo, raccontando del tentativo che fanno di ricostruire la luce di un “giornalismo partecipativo… che generi consapevolezza, prerogativa indispensabile per creare alternative valide e durature e che diventi anche un volano di attivazione e mobilitazione politica e quindi in grado di supportare battaglie”. Un volano di attivazione democratica che a me sembra solo un sogno perduto, ma che invece non lo è, hanno ragione loro. E lo racconta People da qualche anno, Civati scherza spesso sul loro essere “una causa editrice”. E poi lo scrive Ossigeno puntuale su ogni numero. Allora daje, nessuna regola più, scriviamo insistentemente dell’informazione che verrà, opera di “un giornalismo che prende parte apertamente per informare e per trasformare”.


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