Più si avvicinano le elezioni europee più mi viene freddo.
Invece di parlare di formule e di alleanze – che manco si fanno – tutto il tempo, sarebbe il caso di ricordare che il vero campo largo è l’Unione europea (come abbiamo scritto sull'ultimo numero di Ossigeno), un campo peraltro già parecchio avvelenato dalle sue incertezze e dalle follie dell’ultradestra, che hanno ormai contagiato anche i sempre meno moderati esponenti della famiglia popolare.
Invece di parlare di candidature spot di personalità che hanno un valore soprattutto simbolico, sarebbe interessante capire se c’è una strategia non solo formalmente europeista, ma sostanzialmente politica, come insegnavano i maestri di Ventotene. Federalismo e riforma della società: se manca uno, salta anche l’altra.
Siamo un paese fondatore dell’Unione e però il primo ad aver dato il governo a due forze dichiaratamente euroscettiche, anti-federaliste, propugnatrici dell’eterna formula nazionalistica. Non basta opporvisi come se fosse un rito, sempre più stanco: bisogna proporre qualcosa d’altro.
Lo dico da elettore e da papà, se mi consentite la citazione.
Cosa propongono politicamente le forze politiche dello schieramento progressista? Hanno un coordinamento tra loro, al di là delle estenuanti questioni delle alleanze, e una strategia credibile e condivisa?
Siamo di fronte a una controffensiva organizzata su tutti i temi politici – dall’immigrazione al clima, passando per i diritti civili.
Abbiamo perso per strada il pacifismo.
Abbiamo smesso di fare qualsivoglia critica al sistema turbocapitalistico in cui siamo immersi, che è diventato l’unica ideologia e un dato di natura.
Vogliamo darci una svegliata? Perché è già tardissimo ma prima di mirare all’iceberg e puntarlo a tutta velocità, mi fermerei un secondo a pensare. E mi organizzerei, soprattutto.
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