Il dilemma, dopo la vittoria storica dell’Italvolley femminile che ieri ha conquistato l’oro olimpico a Parigi, era questo.
Dare spazio, anche indirettamente e di riflesso, a una persona “strana”, che anche ieri non ha perso l’occasione di ricordarci il suo pensiero razzista, o goderci il trionfo?
Perché ieri in tante e tanti si sono ricordati di lui, mentre Paola Egonu festeggiava (MVP - Most Valuable Player - della manifestazione e miglior opposto, fra l’altro), e tanti suoi seguaci o simpatizzanti hanno provato sui social a ribaltare la frittata, come se “noi” fossimo ossessionati da lui e non lui da Paola e in generale dalla inesistente definizione di “italianità”.
Ma ci sono così tante storie meravigliose da raccontare che davvero viene da pensare ad altro.
Dopo la consegna delle medaglie, Anna Danesi, centrale e capitana, e Myriam Sylla, banda ed ex capitana, si sono scambiate gli ori, premiandosi fra loro.
Ai microfoni della RAI Miry ha spiegato: “Perché siamo amiche da quando siamo piccole, ci vogliamo bene, ci sosteniamo sempre e abbiamo fatto un’impresa.”
Poi Anna: “E’ stata la mia prima compagna di stanza quando a 13 anni per la pallavolo ho lasciato casa. Ne abbiamo passate tante insieme, ci siamo date tanto, questo scdambio è per sapere che io ho la sua medaglia e lei la mia, per sancire questa nostra lunga esperienza insieme”.
Perché la pallavolo è questa roba qua.
Dall’under 14 in poi, che siano più o meno brave, le ragazze giocano insieme, a volte vivono insieme, nei raduni e nei tornei, e conta solo la squadra e questo sport, che unisce più di qualsiasi altra cosa, perché è il più collettivo che ci sia.
E forse è per questo che provoca tanto risentimento in chi vorrebbe dividere.
Tra l’altro la storia di Myriam è stupenda.
Suo papà Abdoulaye arriva dalla Costa D’Avorio a Bergamo, ma si trasferisce a Palermo dove, per caso, incontra Paolo e Maria Rosaria, che gestiscono un bar e decidono di farlo lavorare con loro.
Così, dopo qualche tempo, lo raggiunge la moglie, Salimata, e a Palermo nasce Myriam, che considererà per sempre Paolo e Maria Rosaria come suoi nonni.
Senza la loro umanità avremmo vinto quest’oro olimpico?
Chissà.
Paola Egonu, invece, come scrive Andrea Pennacchi “xe de Çitadèa”, è nata a Cittadella, provincia di Padova e da lì ha fatto tutta la trafila delle giovanili.
Qunado ha osato raccontare in un’intervista che non è sempre stato facile avere la pelle nera in Italia, è scoppiato il finimondo, perché se sei nera devi anche essere sempre riconoscente.
Ma lei è stata più forte, diventando una top player mondiale, non solo per le sue doti fisiche ma anche e soprattutto per quelle tecniche, e ieri si è visto.
Top player, donna, nera, italiana: un mix che ne fa impazzire tanti e ti rende un bersaglio.
Poi ci sono Ekaterina Antropova, detta Kate e Sarah Fahr.
Kate, opposta come Paola, classe 2003, nasce in Islanda da genitori russi, si trasferisce in Italia a 14 anni, e qui inizia a giocare a pallavolo.
La federazione russa la convoca per poterla far giocare in nazionale, lei non si presenta, e inizia un contenzioso sportivo che alla fine, con una sentenza del TAS, conferma che Kate, anche ieri determinante, può giocare nella nostra nazionale.
Sarah, centrale come Anna, invece nasce in Germania, a Kulmbach, da genitori tedeschi, che si trasferiscono poi a Piombino per motivi di lavoro quando lei è ancora piccola.
Inizia a giocare a pallavolo a Piombino e non si ferma più, arrivando ai massimi livelli, nel club e in nazionale, nonostante gli infortuni.
Come è giusto e sacrosanto che sia, a nessuno viene in mente di contestare la loro “italianità”, ma le loro storie dimostrano che in realtà per i razzisti non conta da dove vengono i tuoi genitori, dove nasci e dove cresci, ma solo il colore della tua pelle (anche se parlano di “tratti somatici”).
Invece, per fortuna, il colore della pelle o la carta d’identità non contano nulla per tutte le ragazze di questo movimento meraviglioso che è il volley femminile, rappresentato dalle nostre campionesse olimpiche, sorelle maggiori e “prima squadra” di tutte le altre giocatrici dal minivolley in poi.
Scegliamo di goderci il trionfo e supportare lo sport che unisce.
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