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Immagine del redattoreFranz Foti

Kamala Harris ha vinto il dibattito, ma è troppo presto per cantare vittoria


C'era grande attesa per il dibattito presidenziale che stanotte ha visto sfidarsi Kamala Harris e Donald Trump. È stata, infatti, la prima occasione di sfida tra i due (e forse l'ultima), ma anche la prima vera occasione di vedere Harris nelle vesti di candidata Presidente con tutti gli onori e gli oneri del caso. Soprattutto, dopo la tragica performance di Joe Biden nel dibattito di fine giugno, tutti erano ansiosi di vedere se Trump l'avrebbe spuntata un'altra volta, o se avremmo visto qualcosa di diverso.


Ebbene, possiamo dire senza grandi timori di smentita di aver visto qualcosa di molto diverso. Anzi, è proprio il caso di dire che Harris ha vinto questa prima sfida, e lo ha fatto meritatamente.


Se, infatti, l'obiettivo della candidata democratica era quello di apparire "presidenziale", ma anche come la candidata del nuovo contro il vecchio; se la sua strategia era quella di condurre il gioco mettendo Trump all'angolo sulle questioni su cui è più debole - dall'aborto ai suoi problemi giudiziari all'insurrezione del 6 gennaio 2021 -, l'obiettivo è stato raggiunto, con tutta l'abilità oratoria e l'astuzia retorica che ci aspetteremmo da una ex procuratrice del calibro di Kamala Harris.


Harris è apparsa infatti per lo più sicura di sé, convinta della forza dei suoi argomenti più solidi - puntando più alle sue proposte per il futuro che ai meriti dell'amministrazione Biden -, ha saputo scansare abbastanza abilmente gli attacchi di Trump ai suoi punti deboli, su tutti l'immigrazione, con uno stratagemma tanto semplice quanto efficace: farlo innervosire. Niente di più semplice. È bastato infatti fare un accenno alle folle non proprio oceaniche dei comizi del repubblicano che questi è letteralmente esploso, lanciandosi in un'invettiva un po' sconnessa da cui non si è davvero mai ripreso, sputando ogni genere di accuse una più ridicola dell'altra. Citiamo qui solo le più eclatanti: gli immigrati di Haiti che mangerebbero cani e gatti dei propri vicini in Ohio; il desiderio di Kamala Harris di permettere non solo l'aborto sempre e comunque ma addirittura l'omicidio dei neonati; l'odio della vicepresidente per Israele che sarebbe talmente forte da determinare la fine dello stato mediorientale in due anni, se lei dovesse diventare presidente.


Non vale la pena nemmeno di soffermarci troppo sui singoli temi trattati nel dibattito. Come sempre le domande dei conduttori richiederebbero tempi molto più lunghi di un paio di minuti per rispondere seriamente a questioni complesse come l'economia, la geopolitica, i diritti civili, l'immigrazione. E va detto che se Trump ha presentato il suo consueto menu di fake news, teorie del complotto, insulti e idee di estrema destra, Harris ha più volte svicolato usando il vecchio trucco di fingere di rispondere sul punto per parlare in realtà di ciò che voleva lei.


Ciò che conta è che è riuscita, forse per la prima volta da anni, a togliere a Trump il ruolo di dominatore del dibattito. Ed è riuscita a presentarsi come una nuova alternativa a un vecchio sistema che sia Trump che Biden incarnerebbero, quello visto negli ultimi otto anni.


Basterà a vincere? Certamente no, la sfida è molto lunga, e nonostante tutto è ancora un testa a testa che sarà probabilmente deciso da una manciata di voti, ma è inutile dire che dopo quanto accaduto nell'ultimo dibattito, milioni di americani stanotte hanno tirato un sospiro di sollievo. E c'è da capirli.


Inauguriamo oggi la rubrica "America vs America", con cui seguiremo le elezioni presidenziali, e tutto ciò che avviene oltreoceano che merita di essere raccontato.

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