Stefano Catone
L'assurdo assalto alle Alpi

Ruspe sui ghiacciai a oltre 3.000 metri e milioni di euro pubblici per nuovi impianti a 1.600 metri. L'assalto alle Alpi - così come l'ha definito Marco Albino Ferrari in una sua recente pubblicazione - è in corso, e non è semplice trovare argomenti razionali per contrastarlo, dato che ci si muove nel campo dell'assurdo.
E' assurdo che, nel bel mezzo dell'emergenza climatica, ci siano delle ruspe a oltre 3.000 metri, sul Monte Rosa, intente a scavare, livellare, chiudere crepacci per fare posto a una pista da sci per le imminenti gare di Coppa del Mondo. La "Gran Becca", così è stata battezzata, come il Cervino, la nuova pista che partirà a 3.720 metri sul livello del mare e terminerà quasi 1.000 metri più in basso. «Preparare una pista su ghiacciaio non è come farlo sui classici terreni non glacializzati» ha spiegato il glaciologo Giovanni Baccolo. «Questo perché il ghiaccio di ghiacciaio, a differenza della roccia o dei sedimenti, è qualcosa di dinamico, in continuo movimento. I ghiacciai sono vivi. Per mantenere una pista su ghiacciaio è necessario compiere continui interventi di manutenzione. [...] Questi sforzi stanno diventando di anno in anno più intensi poiché le condizioni dei ghiacciai alla fine dell’estate sono sempre peggiori». Più lavori, più ruspe, più combustibile, più emissioni. Certo, non sarà una singola pista a determinare le sorti del Pianeta, ma questa si va a sommare a tutto il resto, a una condizione dei ghiacciai che si trova già allo stremo.
L'altro lato della medaglia è invece il Monte San Primo, una modesta cima di 1.600 metri nel triangolo lariano. Qui di neve non ce n'è abbastanza per sciare, ormai neanche in inverno. Eppure the show (and the business) must go on, e quindi Regione Lombardia, Comunità Montana, Il comune di Bellagio e Lago di Como GAL hanno siglato un accordo di partenariato per il "rilancio economico, sociale e territoriale" che prevede di riportare la neve a queste quote. Il progetto, denominato "Oltrelario, il Triangolo Lariano meta dell’Outdoor", muove proprio dal presupposto che «Le condizioni climatiche sfavorevoli degli ultimi decenni hanno complicato notevolmente la gestione degli impianti di risalita e la preparazione delle piste da sci». E sarebbe questo il motivo per cui sono necessari «l’installazione e il buon funzionamento di impianti di innevamento artificiale [...] per assicurare l’apertura delle stazioni sciistiche anche in stagioni di scarse precipitazioni nevose». Il costo? 2 milioni di euro stando all'accordo siglato dai soggetti partner, che potrebbero diventare 5.
«L'assurdo progetto di reintrodurre la neve in un comprensorio sciistico abbandonato sul lago di Como» l'ha definito il Telegraph in un lungo reportage, che racconta anche delle mobilitazione in corso, promossa da cittadini e associazioni, a difesa del territorio.