“Una persona viene dimenticata solo quando viene dimenticato il suo nome”. E' questo passaggio del Talmud che spiega l'opera artistica e di ricerca di Gunter Demnig, colui che ha ideato e realizzato il progetto delle “pietre di inciampo”. Un progetto che, come sappiamo, va diffondendosi sempre di più, dimostrando la propria efficacia. Quando ci si imbatte in una pietra di inciampo inevitabilmente scatta, nella nostra mente, un meccanismo che blocca il fluire del tempo e ci riporta a un tempo passato, il tempo in cui nazisti e fascisti arrestavano, deportavano e uccidevano persone che giudicavano non gradite. Quel meccanismo ci ricorda che tutto ciò succedeva qui, nella casa, nella fabbrica, nella scuola, attraverso il portone di fronte a cui è stata posata la pietra. E ci ricorda quale deve essere il nostro impegno nel tempo presente.
Un inciampo simile avviene, ahimè, quando il mio sguardo si posa sul simbolo di Fratelli d’Italia e, in particolare, su un “simbolo nel simbolo”, e cioè la fiamma tricolore. Sarebbe poco utile investire parole per ricordare che la fiamma è stata mantenuta viva, dai tempi dell’MSI ai giorni nostri, proprio transitando nei simboli delle organizzazioni che si richiamano alla tradizione che dal regime fascista passò attraverso la Repubblica sociale italiana e quindi approdò alla Repubblica italiana. Sarebbe invece più utile investire del tempo sull’effetto che fa, quella fiamma. Alla stregua delle pietre di inciampo, anch’essa rimanda la memoria dell’osservatore a un tempo passato: è un simbolo, appunto, un richiamo, un collegamento con quell’eredità. Negarlo sarebbe ipocrita. Così come sarebbe ipocrita condannare le leggi razziste del 1938 mentre si milita in un partito che espone la fiamma tricolore nel proprio simbolo.
«Nella mia vita ho sentito di tutto e di più, le parole pertanto non mi colpiscono più di un tanto. A Giorgia Meloni dico questo: inizi dal togliere la fiamma dal logo del suo partito». La scorsa estate, la senatrice Liliana Segre intervenne nel dibattito sulla fiamma tricolore con queste parole, rispondendo all’onorevole Giorgia Meloni, che ai tempi sostenne: «La destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche». Parole che, non accompagnate dai fatti, non acquisiscono reale consistenza.
Il prossimo giorno della memoria potrebbe essere l’occasione per fare ordine tra questi due inciampi della memoria. Alla presidente del Consiglio la grande occasione di eliminarne uno.
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