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  • Immagine del redattoreFrancesca Druetti

L'otto tutti i giorni


Il libro di Anarkikka (lo trovate qui) non parla di 8 marzo. Non c'è scritto 8 marzo da nessuna parte fino a 6 pagine dalla fine, e solo una volta.

Eppure, fin dal titolo, il suo è il libro che ci serve l'8 marzo.

L'8 marzo che non è una festa.

L'8 marzo che non basta averlo istituito, ce lo dobbiamo pure riprendere ogni anno ripescandolo dalla melassa di retorica, equivoci e ipocrisia.

L'8 marzo che sta lì per una ragione, e le ragioni sono nelle pagine del libro.


Quest'anno le mimose le ho viste per la prima volta nel fermo immagine di un video in cui una donna dallo sguardo preoccupato le teneva in favore di camera. In Toscana, spiega Francesca Lombardi, la mimosa è fiorita. Era il 3 gennaio. È importante che sia la mimosa perché lo sappiamo tuttə che la mimosa dev'essere pronta per l'8 marzo, e anche chi è più distratto lo capisce subito che il 3 gennaio non è l'8 marzo. Grazie, mimosa, gialla come il canarino di questa trincea che resiste anche alla crisi climatica. Oltre a tutto il resto.


Anche le Anarkikke con le mimose sono preoccupate. Sono tese, vigili, compatte, con le mani alzate. Lottano.

Oggi, l'otto, domani.

Il 3 gennaio e tutti gli altri giorni.

Quella sulla copertina del libro è più che preoccupata. È arrabbiata. Sta parlando, sta dicendo di smetterla. Di farci la festa, di chiamarla festa, di drenare le energie che servono per la lotta obbligandoci a smantellare anche quest'anno le scemenze tossiche e in malafede che rischiano di occupare l'orizzonte anche nel giorno che dovrebbe concentrare l'attenzione su una necessità quotidiana.





Ogni vignetta di Anarkikka è una ragione per l'otto marzo: quelle furiose per la narrazione tossica e patetica sugli "omicidi per troppo amore", sui "raptus di gelosia", sui femminicidi annunciati. Quelle con le catene da spezzare e le gabbie da spalancare.

Quelle sulle vittime di tratta, come un pugno nello stomaco di filo spinato e ferite che sanguinano.

Quelle coloratissime e traboccanti di amore delle coppie di mamme innamorate e felici, che ci ricordano che la lotta ha un fine, ed è il diritto di esistere, di contare, di amare, di essere.

Felici, anche.

Soprattutto.

Come se fosse una festa.

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