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La Bielleide, capitolo 2: andare ai cocktails con la pistola

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Torniamo a parlare di Biella (sic!) per rivendicare con orgoglio che ebbene sì, anche noi valìt siamo capacissimi di farci male con i botti di capodanno, mica solo i terroni. Se fossimo un pochino sinceri, dovremmo ammettere che a tutti, in fondo, piace l'idea di sparacchiare. Quando parliamo di armi, quando se ne occupa la politica, fingiamo di imbastire discussioni ideologiche: la libertà, la sicurezza, cose così. Cazzate: la verità è che ci piacerebbe trovarci con gli amichetti, mostrarci le pistole a vicenda, fare bang bang con la bocca, insomma sparacchiare in giro, non sarebbe bellissimo? Un ritorno all'infanzia, o forse una fantasia erotica repressa, non si sa. Ma purtroppo, come diceva Vasco Rossi, "non si può provare, non si può stare a sparare in giro. Non siamo mica gli Americani, che loro possono sparare agli Indiani", peccato. E lasciate stare quello che ha poi detto, con la sua consueta misura istituzionale, Andrea Delmastro: «Buon anno un cazzo. Vai a una festa di Capodanno, esci per buttare la monnezza, torni, e trovi un puttanaio della Madonna. Avessi saputo che Pozzolo era armato, gli avrei detto di non venire, ho il terrore delle armi». Mente, ma va capito. Del resto, a chi non è mai capitato di andare a una festa, portarsi una pistola, dimenticarsi che era carica, lasciarla senza sicura, mostrarla ai presenti per fare il fenomeno, fare il pirla finché a un certo punto non parte un colpo, e infine ferire il genero di un agente di scorta che probabilmente era armato pure lui? Succede, dai.

Unica consolazione, un pensiero: finché si sparano tra di loro, tutto sommato, va ancora bene.

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