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  • Immagine del redattoreLaura Campiglio

La cauzione made in Italy per i migranti



Siamo tutti cresciuti a suon di film americani, di quelli in cui in tribunale si giura sulla Bibbia e ci si rivolge al giudice con l’appellativo di “vostro onore”. E tutti, arrivati all’immancabile scena in cui il presunto assassino esce pagando una cauzione di millemila dollari, ci siamo posti la fatidica domanda: ma come, negli Stati Uniti si può pagare per evitare la prigione?

La risposta affermativa rappresenta uno di quei piccoli shock culturali che spesso si producono confrontando gli ordinamenti giuridici di Paesi diversi, ma la notizia è che da ieri quel divario potrebbe almeno in parte essere colmato, dato che il nostro ineffabile governo, nelle persone di Matteo Piantedosi (Interno), Carlo Nordio (Giustizia) e Giancarlo Giorgetti (Economia), ha inserito nel diritto italiano un inedito meccanismo di cauzione economica per evitare la detenzione che ricorda appunto i film di cui sopra.


Ma siccome siamo l’Italia, culla del diritto romano, e non gli Stati Uniti, l’abbiamo fatto a modo nostro, introducendo significative varianti. Primo, coloro i quali dovrebbero versare soldi per evitare la galera non sono assassini né stupratori (né ladri, né bancarottieri fraudolenti: in altre parole, non siamo in ambito penale); secondo, a pagare per non finire dietro le sbarre non saranno, come da tradizione cinematografica e non solo, i più ricchi, ma i più poveri: i migranti.

È a loro che, giunti nel nostro Paese dopo essersi fatti ampiamente svenare dai trafficanti di esseri umani a ogni tappa della rotta mediterranea, lo Stato italiano chiederà un ulteriore balzello: una “garanzia finanziaria” alla modica cifra di cinquemila euro (4.938, per la precisione) da versare in un’unica soluzione “mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa”, al fine di evitare la detenzione nei centri di permanenza e rimpatrio mentre attendono il vaglio della loro pratica per la richiesta d’asilo. Chi ha i soldi può aspettare da persona libera, chi invece non li ha può accomodarsi in un Cpr, un interregno in cui si vive in regime di privazione della libertà personale dove, detta in soldoni, si sta meglio che nelle prigioni libiche ma peggio che nelle carceri italiane. Questo prevede il decreto attuativo pubblicato ieri in Gazzetta a integrazione del cosiddetto decreto Cutro, varato dopo il naufragio dello scorso febbraio.


Chiariamo subito una cosa: per i migranti ricevere richieste di soldi onde evitare la prigione non è certo cosa nuova; al contrario, il fatto di venire puntualmente taglieggiati da polizia e personale di frontiera tappa dopo tappa è la triste costante di ogni testimonianza del grande viaggio. A parte la piccola, trascurabile differenza che stavolta ad avanzare la richiesta è uno Stato europeo e non gli sgherri delle prigioni libiche, va rilevato che gli sgherri delle prigioni libiche se non altro hanno più senso pratico: quando catturano i migranti, li obbligano a chiamare a casa perché i loro parenti, ovunque si trovino, paghino una certa somma se non vogliono che i loro cari vengano torturati. Insomma, un ricatto fatto bene. Nel decreto attuativo invece si legge che “la garanzia finanziaria è individuale e non può essere versata da terzi”. A sborsare i cinquemila euro può essere solo il migrante appena sbarcato a Lampedusa o altrove. Ora, anche ammettendo l’ipotesi lunare che chi arriva in Italia abbia cinquemila euro in tasca e sia quindi più ricco della maggioranza degli italiani, in che modo e con quali documenti potrebbe versarli in una banca o in un’assicurazione italiana per ottenere, tra l’altro in giornata, una polizza fideiussoria? In nessun modo. Basta essere dotati di un minimo di senso della realtà per capire che la nuova norma è inattuabile per mere ragioni pratiche, oltre a essere in fortissimo odore di anticostituzionalità. Tra le critiche dell’opposizione, vale la pena citare quella di Riccardo Magi (+Europa), che in un’intervista al Corriere di oggi dice: “Quel provvedimento non è legale. La Corte di giustizia dell’Unione europea si è già espressa negativamente su una norma analoga approvata in Ungheria, e la nostra Costituzione tutela il diritto d’asilo”. Sempre sul tema del deposito cauzionale, ma nell’assai più banale contesto delle multe stradali, la Corte Costituzionale si è già espressa dichiarando anticostituzionale la norma che imponeva di versare una cauzione per poter impugnare una contravvenzione (era il 2004 e si trattava, sottolineiamolo ancora, di semplici multe per divieto di sosta, non di diritto d’asilo).

Siamo dunque di fronte all’ennesima sparata buona solo a puntellare la posizione ideologica di Meloni tamponando la crisi di Lampedusa con la retorica del pugno di ferro contro l’immigrazione, ma di fatto priva di ricadute reali? Sicuramente sì.


Ma al di là della sua più che improbabile applicazione, la norma segna la caduta dell’asticella della decenza fino a un punto di sconcertante bassezza. Siamo di fronte a un governo che non ha remore ad accodarsi alla lunga trafila di trafficanti di corpi chiedendo ancora una volta ai migranti: scegliete, soldi o galera. La spudoratezza della norma è tale che, secondo un interessante retroscena pubblicato oggi da La Stampa a firma di Federico Capurso, nessuno ha fretta di rivendicare la paternità dell’emendamento che l’ha introdotta. Il Viminale ha fatto sapere al giornalista che non c’entrerebbero né Piantedosi né il sottosegretario con delega all’Immigrazione Nicola Molteni, mentre il relatore di maggioranza del provvedimento Riccardo De Corato (Fdi) ha dichiarato: “Non ricordo chi abbia voluto quell’emendamento. Il decreto Cutro era del maggio scorso, è passato troppo tempo”. Qualcuno almeno si vergogna, viene da dire. Chi invece non conosce pudore è Federico Mollicone, deputato di Fratelli d’Italia, che quando Alessandra Arachi, intervistandolo per il Corriere della Sera, gli ha chiesto come possa un migrante trovare quei soldi, ha risposto: “Faccio io la domanda: come hanno fatto a trovare i soldi per gli scafisti?”. Il messaggio è cristallino: il prezzario è cambiato, da oggi il viaggio costa di più. Chi parte faccia bene i suoi conti, e sappia che nella pletora degli sfruttatori che annovera falsari, polizia corrotta, doganieri, mafiosi, picchiatori, trafficanti di nuovi schiavi e scafisti, adesso figura anche lo Stato italiano.



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