Mi rendo conto che non si possano chiedere le dimissioni di un ministro al giorno – anche se, va detto, gli eventi ce lo impongono. Mi concentrerei perciò, se volete anche per sineddoche, sulla critica politica al più irresponsabile dei ministri del governo Meloni, Matteo Salvini.
Leader politico della Lega (nonostante tutto, vai a capire perché), sul naufragio di Cutro ha come sempre dimostrato – al di là delle responsabilità che spero siano chiarite sul versante giudiziario – di non tenere in alcun rispetto le persone, il ruolo che ricopre, la decenza che dovrebbe accompagnare qualsiasi rappresentante istituzionale.
Qualcuno sostiene che abbia addirittura mentito rispetto all’allarme ricevuto dalla Guardia costiera: in ogni caso questa sua strategia è da anni una danza macabra intorno ai cadaveri, sulla quale Salvini ha investito tutto il proprio “capitale disumano” (come si chiamò il primo libro di People, dedicato ai decreti sicurezza suoi e di Conte, nel 2018).
Sono inutili le lacrime degli squali, perché la strategia politica è chiara, rivendicata fin dai tempi in cui Salvini si trovava nel ruolo del “suo” Piantedosi e ai Trasporti c’era Toninelli.
Ora Meloni, che ha dimostrato a sua volta di oltrepassare quella linea di dignità quando stava all’opposizione, deve decidere se questo governo andrà avanti così o se sceglierà un profilo politico-istituzionale di una qualche, minima cautela. E il problema non è soltanto il ministro dell’Interno, ma chi lì ce l’ha messo e continua a operare con questo andazzo vergognoso, costruendo la propria politica proprio su quelle spiagge e tra quelle onde, com’era accaduto con la Gregoretti.
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