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  • Immagine del redattore Paolo Cosseddu

La follia di sindacare sullo ius scholae

Se la reazione del Pd all’apertura di Tajani sullo ius scholae è “noi siamo per lo ius soli”, come si legge sui giornali, beh, è una follia.


Certo, lo ius scholae è largamente insufficiente, rispetto alle necessità e a ciò che sarebbe giusto fare. Ma ecco come funziona: quando si è al governo, si deve puntare al massimo risultato possibile, e nelle numerose volte che il Pd al governo ci è stato non ha prodotto, da questo punto di vista, assolutamente niente. Anzi, non di rado ha peggiorato la situazione, la stagione di Minniti ancora ce lo ricorda, e pure col “governo più progressista di sempre”, quello del Conte 2, anche le sole modifiche dei decreti Salvini nati col Conte 1 erano state timidissime.


Quando invece si è all’opposizione, laddove si palesa un’apertura, bisogna sfruttarla, in base al principio che piuttosto che niente - e qui siamo al niente assoluto, per colpa di tutti - è meglio piuttosto. Per tante ottime ragioni: primo, per sfidare le intenzioni degli avversari; secondo, per metterli in crisi fra loro (immaginate cosa succederebbe all’attuale maggioranza se Forza Italia si schierasse con l’opposizione su uno dei temi che la destra cavalca di più); terzo, e più importante, perché comunque in ballo ci sono le vite di tante persone, molti bambini e bambine, per cui anche una pezza potrebbe essere la differenza tra una vita senza diritti e una con. Non se ne farà nulla? Può darsi, ma per vincere la mano bisogna andare a vederlo, il bluff.


Il Pd è lo stesso, infine, che a inizio legislatura aveva abboccato all’apertura di Giorgia Meloni sul salario minimo, che era chiaramente strumentale e farlocca anche a guardarla da un chilometro di distanza. Ed è finita come si sapeva che sarebbe finita, cioè male. Ora che si parla di cittadinanza invece ci si mette a far sofismi? Robe da matti.

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