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Immagine del redattoreGiampaolo Coriani

La guerra che non fa notizia



La guerra scoppiata in Sudan non fa notizia.

È un dato di fatto, basta scorrere le homepage dei media online, che ne parlano controvoglia e hanno dato rilievo solo all’evacuazione degli occidentali in fuga.

Nonostante questo, provoca morte e distruzione esattamente come tutte le altre guerre e nasce più o meno come tutte le altre guerre dei Paesi più poveri, cioè per responsabilità e iniziativa di persone armate e addestrate dall’Occidente.

Ma di più, secondo quanto riportato da alcune testate (Il Fatto Quotidiano ad esempio) i miliziani che hanno attaccato l’esercito governativo sarebbero (cito) “tagliagole” addestrati dalle forze armate italiane al fine di pattugliare il confine fra Sudan e Libia e così impedire il passaggio di migranti.

Se la circostanza corrispondesse al vero, non ci sarebbe, eufemisticamente, da andarne fieri, e forse anche per questo quasi nessuno ne parla.

Ma non è tutto.

Le guerre oltre a portare morte e distruzione, e al netto dei guadagni di chi ci investe sopra, possiedono questa curiosa caratteristica di indurre le persone coinvolte a fuggire (quindi provocando l’effetto contrario rispetto a quello che potrebbe aver ispirato gli “addestratori”) e a cercare rifugio altrove.

E tuttavia, per chi fugge dal Sudan c’è solo indifferenza, non sono previsti corridoi umanitari, soprattutto non è prevista alcuna mobilitazione generale e collettiva, come è avvenuto (giustamente!) per altre vittime di guerra, però europee e con diversa pigmentazione.

Davvero bisogna spiegare che i corridoi umanitari e l’accoglienza ai rifugiati dovrebbero esistere per tutti coloro che si trovano in questa terribile condizione indipendentemente dal colore della loro pelle?

Poi arrivano Lollobrigida e Panorama che forniscono la risposta: si, bisogna spiegare.

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