Paolo Cosseddu
La liberazione da se stessi

Se un democratico americano avesse osservato il congresso del Pd, avrebbe pensato che sono tutti impazziti. Ma come, davvero si vuole far credere che a confrontarsi fossero una proposta riformista da un lato, e una di sinistra addirittura radicale dall’altra? E tutto per via di una piattaforma basata sui diritti senza le solite forme di compromesso e a metà che hanno caratterizzato il Pd in questi suoi primi anni di vita, a prescindere dall’orientamento dei numerosi segretari che ha avuto? Negli Stati Uniti, patria del capitalismo, c’è un presidente democratico moderato, di lunghissima cultura centrista, che vuole alzare il salario minimo, che difende il diritto all’aborto, che chiede di depenalizzare la cannabis, che stanzia il più grande pacchetto di contrasto all’emergenza climatica della storia, e no, non è diventato socialdemocratico. Semplicemente, di fronte a una destra che lì in particolare, ma ovunque nel mondo e pure qui in Italia, ha via via perso le sue nuance moderate e liberali, per diventare destra-destra senza sfumature, razzista, paladina dei ricchi e nemica della redistribuzione, i Dem hanno capito che se si voleva avere almeno la speranza di restare competitivi, beh, altro che terza via, bisognava smettere di presentarsi agli elettori con proposte dette a mezza bocca, parlare più chiaro, e soprattutto essere conseguenti. Del resto, qual è l’alternativa, quando ti trovi di fronte qualcuno che vuole sparare ai migranti? Che gli vuoi sparare ma solo un po’ meno? Ma il Pd l’ha già fatta questa cosa, e mica solo con Renzi, del resto Minniti era uomo di D’Alema e ha fatto il ministro dell’Interno con il pacatissimo Gentiloni. Il Pd le ha fatte tutte, in questi anni, quel tipo di scelte in cui sarebbe dovuto andare dritto e invece ha girato in tondo, mentre dall’altra parte facevano le marcette col braccio teso. Ha funzionato? A guardare i risultati, non pare.
E quindi, ben venga la chiarezza, e se non piace sentir parlare di “radicalità”, allora si usi rigore, quello per cui dici una cosa e poi però non vai a fare l’esatto contrario perché non vuoi perdere l’occasione di governare con Salvini, o peggio ti viene la tentazione di inseguirlo. Semmai, il problema è la credibilità dell’operazione, e l’equivoco da cui nasce questo dibattito, come se negli ultimi anni vi fosse stata, nell’area del Pd, una forza ostile ed esterna, calata come orda dall’altra parte della montagna per occupare il partito. Perché se questa è la percezione, e la si vede circolare parecchio, tra persone che sembrano dissociate da se stesse, beh, è sbagliata, e di molto: Renzi non fu votato dagli Unni, non fu votato da perfidi infiltrati di destra che andarono ad inquinare un bellissimo ma permeabile momento di democrazia, no. Renzi fu votato da un milione e 895 mila sinceri democratici, quasi il doppio del totale che ha votato in quest’ultima primaria. Fu votato da quelli che al giro prima avevano votato Bersani, e prima ancora Veltroni, e poi dopo avrebbero scelto Zingaretti. Fu votato dalle compagne e dai compagni che cantano Bella Ciao e girano le salamelle alle feste dell’Unità, e fu da loro fortissimamente voluto perché lui “li avrebbe fatti vincere”. Fu votato da moltissima della classe dirigente, a partire da Franceschini, che c’era già allora, che c’era prima, che oggi ha sostenuto Elly Schlein e parla di cambiamento.
Ma è anche peggio di così, perché una volta che Renzi ebbe vinto il congresso, renziani lo diventarono quasi tutti, in particolare Speranza e i suoi che gli consentirono di salire a Palazzo Chigi portandogli le dimissioni di Letta da Presidente del consiglio come il gatto porta il topo morto al padrone pensando di fargli piacere. Poi, certo, hanno cambiato idea. Con calma eh, senza fretta, e nel frattempo hanno votato tante cose imperdonabili, quelle che oggi additano come rovina della sinistra: sono stati loro, non altri. E la famosa base ha fatto uguale, prima ha firmato una cambiale in bianco, risentendosi con chi non la trovava una buona idea e mettendolo ai margini perché bisognava “aiutare Renzi”, poi ci sono rimasti male quando hanno scoperto che la cambiale li faceva finire falliti. Salvo poi firmarne di nuove, ancora e ancora, ogni volta con la quasi ammirevole capacità di cercare di convincere se stessi e gli altri che quelle precedenti le aveva firmate un altro: quando invece erano sempre loro. Che oggi festeggiano la liberazione, senza dire che è una liberazione da se stessi, che è una completa ed ennesima negazione della realtà, ecco, e sarebbe ora che ognuno si prendesse le sue responsabilità, rispetto alle scelte che fa e alle sbandate che prende. E forse stavolta andrà diversamente, di certo sarebbe un bene per il Paese e per la sinistra, vedremo, però almeno rispetto ai precedenti, anche solo per uscire da questo loop di lanci e rilanci a perdere, un po’ di verità non guasterebbe.