L’imboscata pubblica, ripresa dallo staff per essere usata mediaticamente, non è proprio una novità.
Gli emiliani come me ricordano bene quando Elly Schlein, nella campagna per le regionali del 2020, aspettò sotto un palazzo della periferia bolognese Matteo Salvini per fargli in diretta domande scomode, prendendolo alla sprovvista e poi diffondendo il “girato”.
Del resto era proprio lo stesso Salvini che nella stessa campagna, sempre a Bologna, si faceva riprendere dallo staff mentre chiedeva al citofono, a una persona ovviamente non italiana, “Lei spaccia?”.
Ieri Giorgia Meloni, a Caivano, in un’occasione istituzionale, ha proposto al Paese la sua versione del trappolone mediatico, quella coatta, presentandosi a De Luca (che l’aveva definita tale in un colloquio “rubato” nei corridoi parlamentari) come “la stronza della Meloni”.
Il suo staff era posizionato strategicamente e il siparietto è andato poi in onda dalle reti unificate di TeleMeloni, oscurando il motivo per cui entrambi erano a Caivano.
Ora, anche se il meccanismo è lo stesso, è evidente la differenza fra le domande di Schlein e lo show di Meloni, sia per il contenuto che per il ruolo, senza dimenticare che non è che De Luca, nella sua comunicazione, si atteggi come un professore di Oxford.
Ma l’aspetto incredibile è rappresentato dalla maggior parte delle reazioni, dall’iperuranio della sinistra, al siparietto.
C’è chi scrive che è nervosa, che non ha senso delle istituzioni, addirittura che sta crollando, senza capire, come già accadde ai tempi del primo Berlusconi, che questa è proprio l’essenza della sua strategia politica, che al momento (anche grazie all’assoluta incapacità di analisi di chi si trova di fronte) è vincente.
La forza di Meloni non sta certo nel merito, perché la sua azione di governo è inesistente, e di fatto sta difendendo le classi agiate portando a picco la classe media e soprattutto i poveri, che dovrebbero, insieme, essere maggioranza numerica, nonché in generale il Paese, senza parlare dei diritti.
Quindi perché la votano?
Perché la sua immagine, il suo ruolo, la sua parte in commedia, sono quelli della stronza.
La leva su cui spinge, con successo, è il vittimismo (sembra incredibile ma è così), associato a rancore e rivalsa, lei è quella che non si fa certo mettere i piedi in testa dalla “sinistra”, non in quanto, ma nonostante sia “donna”.
Lei è la personificazione della rivincita dell’elettorato di centrodestra, perché sa che il rancore, dai tempi di Caino e Abele, è il motore principale delle azioni umane, e in politica funziona molto più delle belle parole e dei programmi, che poi tanto nessuno è in grado di portarli a termine.
Le sue contraddizioni politiche sono tanto evidenti quanto speculari a quelle delle opposizioni, impantanate nel campo largo allagato e sospeso per impraticabilità.
Per questo oggi usa molto di più le card spregiudicate dei suoi giovani, quelli di Atreju (Giorgia insegnaci la vita, scrivevano ieri a commento del video), che quelle ufficiali.
Perché la sua forza sta tutta lì, e nella comunicazione della sua opposizione che non fa altro che riprendere la sua, facendola girare (insieme a quella di Vannacci, suo emulo) col ditino alzato.
E l’elettore di destra che si è appena visto alzare la rata del mutuo con lo stipendio fermo mentre i prezzi vanno alle stelle, sorride e pensa che alla fine ne vale la pena, come quando ti va tutto male ma la tua squadra del cuore vince lo scudetto.
Forse sarebbe il caso, intanto, di capire cosa sta succedendo (ormai da quasi due anni), e poi di prendere qualche contromisura, di merito e di comunicazione, seria, che non sia fare da cassa di risonanza a Meloni pensando di essere furbi.
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