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  • Immagine del redattoreMarco Vassalotti

La Russa, il fascismo non è perdonabile



"L'Italia ha da farsi perdonare - e ce l'ha anche il regime fascista, la promulgazione di quelle leggi odiose che furono le leggi razziali".


Sono parole di Ignazio La Russa, Presidente del Senato, pronunciate ieri all'Ansa, prima di partecipare stamattina alle celebrazioni ufficiali della Giornata della Memoria.


A una prima, distratta, lettura nemmeno ci si pensa, che chi pronuncia questa frase sta dando per scontato due idee che in altri momenti sarebbero state impensabili e impronunciabili in un contesto pubblico, soprattutto dalla seconda carica dello Stato: prima, che le leggi razziali siano un episodio "da farsi perdonare" in una storia che in altri punti evidentemente può essere celebrata; seconda, che il fascismo - a determinate condizioni - possa essere perdonato.


Ed è passata sotto silenzio perché ormai il nostro dibattito pubblico è sempre più distratto. Perché abbiamo sottovalutato segnali e azioni, perché le tiepide condanne agli atti più eclatanti delle organizzazioni neofasciste non hanno mai prodotto il loro scioglimento, perché non ci stupiamo che una persona che mostra alle telecamere il busto di Mussolini che tiene in casa faccia il Presidente del Senato e partecipi alle celebrazioni della Giornata della Memoria dopo aver detto una cosa del genere.


Primo Levi in un'intervista disse: "Questa è una cosa che io personalmente non posso dimenticare per motivi evidenti, ma vorrei che anche gli "altri", dico "gli altri" tra virgolette, tutti quelli che non sono stati in un Lager ricordassero e sapessero questo: che Auschwitz era la realizzazione del fascismo. Era il fascismo integrato e completato, il suo coronamento."


Vorrei se lo ricordasse anche La Russa. O almeno che ce lo ricordassimo noi.


Perché il fascismo dalle nostre Istituzioni "tecnicamente" non può essere perdonato, a costo di ritrovarci in un Paese diverso da quello che hanno costruito per noi le persone che lo combatterono - rischiando la vita, spesso perdendola - per regalare a se stessi, ai loro figli e ai loro nipoti la democrazia. Un Paese che però evidentemente si è già trasformato in un posto in cui si può giurare su una Costituzione nata dall'antifascismo senza assumerla come "faro e stella polare" delle proprie azioni e delle proprie parole, come aveva invitato a fare Liliana Segre all'inizio di quella seduta del Senato in cui La Russa fu eletto Presidente.


Tre generazioni sono nate senza aver visto la Resistenza e tutte e tre - in vari momenti - hanno corso il rischio di perdere la democrazia.


Ma se un Presidente del Senato dice parole del genere e passano sotto silenzio forse questo rischio non è mai stato così reale.

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