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Immagine del redattore Paolo Cosseddu

La Russa, la seconda carica del regime



Ci sono politici che non si azzarderebbero a dire certe cose nel corso della loro intera carriera, La Russa è riuscito nell'impresa di dirle tutte in una sola giornata. Le agenzie di stampa ieri facevano fatica a stargli dietro, e forse per questo la seconda carica dello Stato ha pensato di dedicare proprio ai giornalisti alcune delle sue uscite più grevi (e gravi): tra interviste e occasioni pubbliche, prima ha detto che l'aggressione al collega de La Stampa da parte di Casapound era da condannare, ma che però i giornalisti dovrebbero "qualificarsi". Come a dire che quindi i pestaggi sono legittimi, se rivolti verso vittime "non qualificate". Del resto, già nel 2019, La Russa era stato ospite dell'organizzazione neofascista in un evento in cui aveva spiegato la «doverosa legittimazione culurale di questo movimento che non può essere mai emarginato», aggiungendo poi «Io fascista? Piano con i complimenti». E più o meno la stessa cosa ha fatto di nuovo ieri, quando ha citato un altro giornalista, Paolo Berizzi di Repubblica, reo di aver detto, riferendosi alla partita di beneficenza della scorsa settimana, che con i fascisti non si dovrebbe nemmeno giocare a calcio. «E io non giocherei con Berizzi», ha replicato in un'ammissione un po' più che implicita.


Il tono vorrebbe essere scherzoso, non riuscendoci, ma conferma le perplessità sollevate proprio rispetto al clima amichevolmente bipartisan registrato durante la partita: c'è poco da ridere, infatti, e non a caso Mattarella ha ritenuto di intervenire dicendo, durante la tradizionale cerimonia del Ventaglio, che «ogni atto rivolto contro la libera informazione è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica», e che «si vanno infittendo, negli ultimi tempi, contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni, nei confronti dei giornalisti, che si trovano a documentare i fatti. Ma l'informazione è esattamente questo, come anche a Torino nei giorni scorsi: documentazione di ciò che avviene, senza l'obbligo di sconti». Infine, ha ricordato il «diritto a essere informati in maniera corretta», «un dovere affidato soprattutto ai giornalisti». Tutto questo, nel giorno in cui escono le anticipazioni sul Rapporto sullo stato di diritto dell'Unione Europea, proprio quello che si annunciava molto critico verso l'Italia e che per questo era stato ritardato - una contraddizione in termini, vista la natura del rapporto stesso - per non mettere in difficoltà il Governo italiano in vista di un possibile supporto alla rielezione di Ursula Von Der Leyen. Il matrimonio è poi andato in bianco, e il rapporto è finalmente libero di uscire, con raccomandazioni all'Italia che confermano quanto si temeva: iniziative legislative e aggressioni crescenti contro i giornalisti, preoccupazioni sull'indipendenza della Rai, e uno stato generale che pone l'Italia "a un passo dall'Ungheria". Non a caso, verrebbe da dire, e non per scherzo, malgrado il buonumore di La Russa.

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