93 femminicidi accertati in 9 mesi. In Italia contiamo i numeri di una strage, perdiamo donne per mano della violenza patriarcale una dopo l’altra. Nel 2022 si sono registrate 906 violenze sessuali solo su minori. E sono per l’appunto solo i numeri accertati e registrati. In questo quadro allarmante, nella piena cultura dello stupro che viviamo e, a poco più di un mese dal 25 novembre la regione Lazio guidata da Rocca vuole sgomberare la casa delle donne Lucha y Siesta.
Lucha y Siesta significa lotta e riposo. Qui donne che hanno subito violenza trovano una nuova casa da cui ripartire. Trovano riposo dopo l’agonia della violenza di genere sessuale, psicologica o economica. Lucha è un luogo di lotta mentre si offre riposo e riparo nel calore delle relazioni tra operatrici antiviolenza, psicologhe, avvocate e educatrici.
Lucha y Siesta nasce nel 2008, quando le attiviste occuparono un ex-stabile dell’ATAC, l’agenzia del trasporto pubblico del comune di Roma. Si trattava in realtà di un edificio abbandonato dagli anni 90, vicino alla fermata Lucio Sesto della metro A. Le attiviste si erano rese conto della mancanza di alloggi per le donne che cercavano di svincolarsi da famiglie violente. Tra il fatto che le donne, anche quelle con figlie a carico, non avevano agevolazioni nelle classifiche di edilizia residenziale pubblica e che le case di accoglienza per donne che avevano denunciato e subito violenza potevano ospitare fino ad un massimo di sei mesi, con l’occupazione di Lucha y Siesta si offrì un luogo in cui vivere senza limiti di tempo. Dal 2008 ad oggi, Lucha è diventata molto più di un luogo. È un simbolo riconoscibile della città. È il simbolo di lotta transfemminista che rivendica spazio, esistenze e metodi.
Due anni fa, dopo infiniti presidi e tavoli istituzionali, la Regione Lazio sotto Zingaretti aveva dichiarata salva l’esperienza di Lucha aggiudicandosi all’asta l’immobile dell’ATAC e stendendo una convenzione che riconosceva formalmente alla comunità il valore di Lucha y Siesta. Ora l’attuale giunta di destra vuole mettere a bando lo stabile. Vogliono vendere Lucha e tutto ciò che Lucha rappresenta. Ora si riparte dal via.
Immaginate di voler vendere quello che era un luogo abbandonato e inutile e che invece è stato restituito alla comunità, diventando una porta sempre aperta. Con Lucha la frase “sorella non sei sola” prende vita e riempie le dodici stanze del palazzo. Di queste dodici stanze due sono di emergenza, per chi bussa alla loro porta a qualsiasi ora del giorno o della notte. In quindici anni, queste dodici stanze hanno dato riparo a centinaia di donne demolendo la violenza patriarcale con la cultura transfemminista.
Lucha è lotta, lotta transfemminista. E per questo è stata presa di mira. Attaccare Lucha y siesta è un attacco a tutte le donne. Significa attaccare un simbolo e un’idea. Se perdiamo Lucha, tutta la comunità perde. E infatti, dopo l’annuncio di sgombero, in sole 24 ore in centinaia ci siamo radunate davanti al Palazzo della Regione a Roma per lanciare un messaggio chiaro: Lucha in questi anni non hai mai lasciato sole le donne, ora noi non lasciamo sola Lucha.
Noi il 25 novembre non vogliamo panchine rosse dove sederci, vogliamo case sicure. Vogliamo Lucha!
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