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  • Immagine del redattoreDavide Serafin

Non c’è alternativa alle energie alternative

Si fa un gran parlare di fossili – anche perché ad altro avremmo dovuto pensare “prima” di consegnarci a dittatori, guerrafondai e satrapi di ogni tipo – e anche della panacea, il nucleare. Lo presentano come soluzione ovvia i “realisti” della politica, quelli che sanno fare i conti e che guardano con sospetto e sufficienza i velleitari che invece pensano che si debba prendere una strada diversa. Se si fanno i conti, però, si scopre che i “realisti” fantasticano, per non dire di peggio. Forse mentono, per interesse, perché la panacea è un gran vaso di pandora di interessi, energetici e anche edilizi (guarda un po’). Forse vogliono dare la soluzione apparentemente più semplice: tanta energia, subito, a prezzi bassi, con qualche pericolo che però è sotto controllo. Non importa che ci siano problemi quando fa caldo, con la siccità, con le scorie. Cosa volete che sia? C’è la nuova generazione, dicono, che però ancora non c’è. Non vogliamo però polemizzare come fanno loro – i nuclearisti essendo parecchio aggressivi – ma fare solo due conticini.

Primo. Il costo dell’energia di fotovoltaico ed eolico onshore è notevolmente inferiore a quello del nucleare. Questo dato è ancora più evidente quando si considerano i prezzi per le sole nuove costruzioni in Europa: per le centrali nucleari in costruzione attualmente o in opera da meno di un decennio il costo medio è stato di circa 9000€/kW, contro meno di 1500€/kW per il solare con potenze superiori a 1 MW in Italia, inclusivo di tutte le spese accessorie di costruzione. Secondo IEA (International Energy Agency) il costo del nuovo nucleare dovrebbe scendere al di sotto di 5000€/kW per poter essere competitivo con la costruzione di nuovo solare e del necessario accumulo con batterie al litio, e addirittura al di sotto di 2000€/kW se l’accumulo può essere ottenuto attraverso sistemi idroelettrici.

Secondo. Lo stesso report fa notare come il tempo medio di realizzazione dei nuovi impianti europei è aumentato fino a circa 16 anni, contro i 4 anni necessari alla costruzione delle centrali negli anni ’70-’90. La panacea non è più economica, non è più sicura, non è più immediata. Quindi? Di cosa stiamo parlando?

I solerti difensori delle particelle atomiche tendono certamente a sottolineare gli aspetti critici delle rinnovabili, sottacendo del tutto le soluzioni tecnologiche che pur ci sono, documentate e industrializzabili sin da ora. Maggiore è la penetrazione delle FER (appunto, le fonti di energia rinnovabile), maggiore è la necessità di bilanciamento della rete tra i momenti di picco della domanda e la variabilità stagionale della produzione. Come fare? Occorrono le batterie al litio, tante, tantissime. Ecco – dicono – il grande difetto delle rinnovabili, mai avremo una rete totalemente alimentata al 100% da fonti pulite. Dipendiamo dal litio!

Essi forse non ascoltano la scienza che invece ha dimostrato in più circostanze (ci riferiamo ai lavori di Perez, Pierro et al. 2016,  a quelli di Jenkins et al., 2017 e Mileva et al., 2016) che un sistema di produzione dell’energia elettrica totalmente rinnovabile è pienamente possibile. Una rete costruita intorno al concetto della sovracapacità, ossia della messa a disposizione di un certo numero di impianti fotovoltaici flessibili e dotati di sistemi di accumulo, che possono essere attivati al fine del bilanciamento nei casi di picco della richiesta dal mercato. Un disegno che ribalta la concezione sinora impiegata della progettazione degli impianti sulla base del criterio della minimizzazione dei periodi di spreco dell’energia prodotta: costa meno sprecarla l’energia da fotovoltaico. Installiamo quindi più pannelli fotovoltaici, puntiamo alla sovracapacità, in modo da essere rapidi nell’attivazione di questa potenza aggiuntiva quando necessario. E strutturiamo il sistema su più fonti: pannelli fotovoltaici, sommati alla flessibilità degli inverter (con la capacità di modulare la potenza), ai sistemi di accumulo multipiattaforma (batterie, ma non solo: abbiamo i pompaggi idroelettici, i sistemi che impiegano idrogeno, calore, aria compressa e persino i volani), ai parchi eolici, al solare a concentrazione, all’energia dalle onde del mare, tutti insieme sommati e organizzati in modo coerente rispetto alle necessità, possono liberarci dai fossili e finanche dai despoti.

Non abbiamo molto tempo a disposizione, perché – anche i più distratti se ne saranno accorti – la crisi climatica agisce già ora. I programmi europei fissano al 2030 una prima scadenza, quella di tagliare del 55% le emissioni di CO2 che, per il nostro paese significa installare 85 GW di fonti rinnovabili. Dovremmo procedere al ritmo – almeno – di 10 GW all’anno, ma per il momento affrontiamo questo obiettivo con troppa rilassatezza (meno di 1 GW all’anno di nuove autorizzazioni per impianti FER). La sindrome da lumaca che ci attanaglia può essere superata con un importante impegno di denaro pubblico. Parliamo di 20 miliardi all’anno, da ricavarsi nell’ambito del PNRR – strumento che dovrebbe essere indirizzato in modo prioritario a questa finalità ma in Italia è costantemente distorto per nuove colate di cemento. Quando capiranno di essere in errore, sarà troppo tardi. Per questo serve che alziate la voce.

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