Imbarazzata ma necessaria ammissione a guisa di premessa: il calcio è per me materia oscura al pari della teoria dei quanti e altri insondabili misteri. Incarno la perfetta fusione tra un cliché (la bionda svaporata) e uno stereotipo di genere (la femmina che non capisce il fuorigioco); e siccome il fuorigioco io l'ho capito, sì, ma solo dopo che un'amica mi ha fatto un disegno su un tovagliolino, finora mi sono imposta di applicare al calcio il medesimo approccio che tendo ad avere nei confronti delle cose che non conosco e non voglio conoscere (altrimenti le studierei): me ne curo il meno possibile, sospendo ogni giudizio, evito qualsiasi commento orale e mai, in nessun caso, neanche morta, ne scrivo.
Mi atterrei alla regola anche stavolta se l’altra sera al bar non mi fossi imbattuta in un tal Valerio (ciao Valerio se mi leggi tutto questo è colpa tua) che mentre chiacchierava con me e i miei amici a un certo punto alza le spalle e butta lì: eh, per me il calcio è proprio una passione ma i Mondiali stavolta ho deciso di non guardarli. E non sai la sofferenza, perché io le partite le avrei seguite tutte. L'ho guardato come si guarda un profeta, un santone, uno sciamano. E mentre lui si riempiva il bicchiere ignaro della mia stupefatta ammirazione, io ho pensato: allora vedi che si può fare. Non sei tu la pazza, tu la scema che di calcio non capisce niente, tu l'ingenua convinta che dai, l'Italia manco s'è qualificata, figurati se gli italiani si fileranno questo mondiale. Lo dice anche Valerio, vedi? Uno che del calcio sa tutto (si vede: ha l'aria di quello cresciuto col culto delle figurine Panini, quello che da bambino sapeva tutte le formazioni a memoria e da adulto se la sua squadra perde non esce di casa per lo scorno) ecco, lo dice financo lui che stavolta, pur con tutto il rammarico, questi Mondiali sarebbe stato meglio non guardarli.
E sarebbe stato meglio non guardarli, questi Mondiali, perché sono un cazzo di film dell'orrore: migliaia (forse 6500, forse più del doppio: nessuno lo sa) di lavoratori morti per costruire stadi e infrastrutture, folli emissioni di Co2 per tenere al fresco gli spettatori di partite giocate nel deserto (alla faccia della promessa dei Mondiali a impatto zero), l'omofobia dichiarata e candidamente rivendicata ("l'omosessualità è una tara mentale", ha affermato Khalid Salman, portavoce di Qatar 2022, davanti alle telecamere di una tv tedesca), la sistematica violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, il modo indegno in cui vengono trattate le donne (non a caso ai visitatori sono state sequestrate le magliette col motto delle rivolte iraniane “donna, vita, libertà” così come qualsiasi cosa che potesse assomigliare a un arcobaleno). E se tutto questo non dovesse bastare, mettiamoci anche il Qatargate, lo scandalo madornale che ha travolto il Parlamento Europeo: tangenti e regalie elargite a esponenti di spicco di Strasburgo (tra cui molti italiani, chi l'avrebbe mai detto) perché favorissero il Qatar nella politica europea.
Lettore, parliamoci chiaro: se sei qui, sul blog di questa rivista pubblicata da questo editore, tu sei una persona di sinistra. Sei contro il patriarcato, contro l'omofobia, contro lo sfruttamento dei lavoratori, contro la repressione dei diritti umani, contro la corruzione: in altre parole tu, lettore, sei contro Qatar 2022. Di qui la mia domanda: cos’altro deve succedere (sacrifici umani? gattini sgozzati prima del fischio d’inizio?), quali altre scelleratezze devono compiersi perché tu faccia come Valerio e spenga la tv?
Con la stessa ingenuità con cui pensavo che ai miei connazionali importasse poco delle nazionali degli altri visto che la nostra stava a casa, io mi aspettavo, lettore, che tu che mi sei amico, tu che fai parte della bolla che tanto mi è cara, questi Mondiali non li avresti seguiti. Forse con dolore, come il nostro Valerio, ma con la stessa fermezza. Pensavo che magari avresti commentato i risultati a distanza, avresti gioito della corsa del Marocco e ti saresti stupito per l'eliminazione del Brasile, ma senza metterti li davanti alla tv come spettatore attivo e quindi complice.
Mi sbagliavo: anche i più duri e puri dei miei amici sono prontissimi condannare recisamente le politiche qatariote ma non a sottrarsi al rito della partita seguita in diretta. So bene che sull'efficacia del boicottaggio ci sono parecchie perplessità (cosa vuoi che gliene freghi a una monarchia che ha sborsato 220 miliardi di dollari di perdere gli spicci delle visualizzazioni?), ma so anche - e lo sai pure tu, lettore - che noi siamo quelli dell'onestà intellettuale prima di tutto, e se l'unico risultato del boicottaggio è mettersi a posto con la propria coscienza, allora boicottaggio sia.
Sia chiaro lettore, io non ti giudico. Sono la prima a peccare d'incoerenza. Eccomi qui, guardami e biasimami: il fast fashion è la mia bestia nera, ho l’intransigenza di un Leviatano quando si tratta di boicottare Shein ma quando c'è stato il black friday di Zara indovina chi s’è presa l’ennesimo maglioncino nero a metà prezzo? Esatto.
Io non ti giudico e anzi a questo punto ti dico vabbè, abbiamo fatto trenta facciamo trentuno, guardati ‘sta Francia-Argentina e non pensare a me e a Valerio. O magari tieniti lì solo un pensierino, piccolo piccolo: fare come Valerio è possibile.
Ricordiamocelo entrambi: io al prossimo black friday, tu se dovesse mai esserci Arabia Saudita 2030.
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