Mentre la destra al governo nasconde la propria incapacità ideologizzando qualsiasi cosa, con il risultato di raddoppiare la propria incapacità, fa capolino un’ipotesi che sta ammaliando il centro e la borghesia e lo stesso gossip politico.
Nell’Italia in cui il notaio è figlio di notaio e nipote di notai, la successione è una bazzecola ed è tutto un tradizionalismo e un richiamo al passato, può sfuggire la regola dinastica alla sola politica? E qual è la dinasty italiana, ora che gli Agnelli si sono multinazionalizzati, proiettandosi nel cielo Stellantis?
Sì, stiamo parlando – ancora! – di Berlusconi. Dopo l’operazione Taffo alle Europee, e la malpensata di Salvini a corto di stronzate, è venuto il momento di parlare degli eredi. E qui, se si chiude un portone, si aprono due porte: Marina a capo dell’impero e Piersilvio in politica.
L’idea fa discutere, la discesa in campo per ragioni ontologiche non può che impensierire il campo largo (a meno di non allargarsi fino ad Arcore, come è già capitato) e riformula il quadro a destra.
Piersilvio non lo farà, ma se lo facesse? La destra rimarrebbe a tre, o Pier proverebbe il colpo senza i due estremisti? Magari impallando il sistema, così poi da affidare a un governo tecnico moderato i destini del Paese, con la sponda dei centristi e di buona parte del Pd (o forse tutto)?
Il solo pensiero sposta gli equilibri, per una suggestione che insieme è nuova e antica, perché il berlusconismo, in quanto declinazione liberista della DC – un suo aggiornamento –, è comunque matrice sovrana del Paese.
E se Pier sale nei sondaggi, chissà chi scenderà…
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