Elon Musk è stupito dal fatto che le forze dell’ordine inglesi stanno andando ad arrestare i seminatori d’odio via social, ne scrive ogni quarto d’ora pieno di indignato stupore: e noi ci stupiamo del suo esser stupito (con la “t”).
“Dov’è finita la libertà d’espressione?”, si chiede Musk, sottolineando che la sua piattaforma, il fu Twitter oggi X, resterà aperta alla possibilità di dire la qualsiasi. Anche se viola la legge? Anche, perché “altrimenti non è vera libertà”, aggiunge.
Messa così, può risultare sconvolgente scoprire che effettivamente è un reato andare su Instagram per incitare al linciaggio dei vicini pakistani o ghanesi perché “sono strani”, o addirittura “camminano per strada”. È un reato postare video di stalking di persone che non garbano perché, del tutto casualmente, hanno un colore della pelle che non è della giusta palette. Ed è ironico scoprire che questi reati in realtà c’erano già, alcuni di molto precedenti, altri introdotti addirittura dagli ex conservatori inglesi, in particolare da Boris Johnson e Suella Braverman, anche se mai applicati.
Immaginatevi per un attimo lo sconcerto quando Musk scoprirà che si può ottenere il permesso di possedere un’arma, ma non si può sparare agli anziani in coda alle poste il giorno della pensione: che ingiustzia! Si può facilmente conseguire la patente di guida, ma non si può guidare il Cybertruck Tesla per arrotare i bambini quando escono dall’asilo, anche se a molti piacerebbe: davvero, non si può. Vige pure la libertà d’impresa, eppure tendenzialmente non si può commerciare in schiavi, cosa che probabilmente secondo molti super ricchi è un vero affronto.
E così via: non si può più dire niente, non si può più fare niente: tranne che sulla piattaforma di Musk, ovviamente, almeno finché Governi e istituzioni internazionali non decideranno finalmente di dargli una bella regolata: mai troppo tardi, nel caso.
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