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  • Immagine del redattore Paolo Cosseddu

O forse siamo cretini noi


Questo appuntamento settimanale, giova ricordarlo, nasce con l’intento di commentare i fatti e fattarelli della settimana, quel notiziame spiccio che volutamente teniamo fuori dalla nostra casa madre, Ossigeno, la rivista cartacea che con la sua cadenza trimestrale non si presta e soprattutto non si vuole prestare a commentare questioni destinate a evaporare nel giro di mezza giornata.

Dell’effimero, quindi, ce ne occupiamo qui sul web, che ne è il regno. A tutto c’è un limite, però: come diamine si fa a passare una settimana a parlare della figlia di Giorgia Meloni? Cose da pazzi, e peraltro: ma chi se ne frega. Con rispetto parlando.


Eppure è così, la polemicuccia ha ormai soppiantato la notizia a tal punto che, quando poi ne capita una, nessuno sa più come comportarsi. È successo su una faccenda ben più seria, ovvero quando è caduto il famoso missile sul territorio polacco, e anche chi avrebbe ruoli pubblici e di responsabilità non ha saputo tenersi dal twittare prima che si conoscessero per bene tutti i fatti. E dire che di motivi per star bassi e prudenti ce n’erano: possibile che i russi aprano un secondo fronte, e per di più contro un Paese Nato? Possibile che scelgano come primo obbiettivo strategico un fienile? Ma l’horror vacui non perdona, la timeline va riempita e la gaffe dell’influencer vale quanto la terza guerra mondiale, al diavolo il senso delle proporzioni.


Del resto, qualche settimana fa la sfera social ha trascorso giorni a indignarsi perché una giovane donna, popolare per la sua capacità di ordinare armadi, aveva proposto, in una specie di sfogo, di vietare il voto dopo una certa età. Solo che il problema non è l’ordinatrice di armadi che parla di politica (in termini che chiunque di noi peraltro potrebbe usare a cena con gli amici, ipocrita chi lo nega), ma il fatto che in questo modello social-e si possa diventare celebri ordinando armadi: non che ci sia nulla di male, ma allora come la mettiamo con le operazioni a cuore aperto? Ah, se l’avessero saputo i miei genitori, i cui cassetti sono così ordinati che paiono passati col pettine, che potevano arricchirsi così: sfortunatamente, sono nati nel periodo storico sbagliato. O forse siamo cretini noi.


Ma c’è di peggio: nella mia personale timeline, in cui oltre alla politica passano solo video buffi di animali tenerissimi e ricette, qualche settimana fa è comparso un video in cui si spiegava come prepararsi un panino mozzarella e pomodoro. L’ho guardato, curioso di scoprire qualche trucco incredibile e mai visto prima, e invece no: l’autrice tagliava il pane, poi il pomodoro, poi la mozzarella, metteva gli ingredienti insieme nel solito ordine, un filo d’olio, sale e un pizzico di origano, fine. Roba che Khaby Lame levati proprio. E sotto al video centinaia di commenti entusiasti: “brava, le cose semplici sono le più buone!”. Decine di migliaia di like, visualizzazioni, condivisioni. Molti più, anticipo l’obiezione, di quelli di un articolo medio di Ossigeno, compreso questo, il che ovviamente può valere anche come giudizio qualitativo e di merito. Oppure, ma è solo un’ipotesi, noi come civiltà umana ci stiamo bevendo il cervello, e gli algoritmi dei social ci spingono a trangugiare molto velocemente. Insieme al pomodoro e alla mozzarella, che bontà.


Peraltro, uno dei motivi per i quali Elon Musk è molto contestato da quando ha acquistato Twitter, è la sua dichiarata intenzione di rendere l’uccellino un posto uguale ai competitor, in cui i contenuti sono decisi dai numeri e dagli algoritmi di cui sopra, e non dalla personale volontà di seguire o non seguire le pubblicazioni di qualcuno. Questa strategia è ciò che ha reso molto ricchi gli azionisti di posti tipo Facebook e Instagram, ma sfortunatamente è anche il motivo per cui lì sopra, ormai da tempo, è sempre più difficile - per non dire impossibile - trovare qualcosa di interessante. E che infatti sono avviati verso una forse ineluttabile morte, in particolare Facebook che pure resta il social più popolato del pianeta, crudele ironia. Vent’anni fa la rete era un posto ancora poco frequentato, moltissimi non ci capivano niente ma chi c’era riponeva le sue speranze nelle sterminate potenzialità che il mezzo racchiudeva. Oggi l’intera popolazione mondiale passa il suo tempo perennemente online, con uno smartphone in mano, ma quelle potenzialità sono ancora inespresse, anzi, se possibile sono state parecchio frustrate. Ma non è detta l’ultima parola. Di Twitter si inizia a dire che presto potrebbe addirittura chiudere, clamorosamente, e anche Zuckerberg, con Meta che a quanto pare non piace nemmeno ai suoi sviluppatori - ci manca solo di vivere la nostra vita dietro a un visore, e l’estinzione è servita - non se la passa bene. Se siamo fortunati, forse un giorno ripenseremo a questo periodo assurdo e rideremo di quanto siamo stati stupidi. L’importante è mettersi nella prospettiva, per quanto improbabile possa suonare al momento, che dei social sarebbe meglio liberarsene, e in fretta.





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