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Immagine del redattoreMary Maloney

On fire!



Cos'hanno in comune il caso Sangiuliano, Taylor Swift, il calcio, la skincare e la pizza?

Che il mondo sta bruciando.

Bizzarro eh?

Tutto ciò che accade e che noi riteniamo importante o meno, avviene in un luogo che sta andando a fuoco. Letteralmente.

Avete presente quando alle elementari ci hanno insegnato che le piante mangiano l'anidride carbonica e producono ossigeno? Motivo per cui se piantassimo foreste di alberi una maggiore quantità di gas serra verrebbe rimossa dall’atmosfera, contrastando così l’aumento delle temperature? Ecco. Noi invece gli alberi li eliminiamo. In enormi quantità. A migliaia, a milioni. Per varie motivazioni, tra cui a volte addirittura costruire delle piste da bob di sicura inutilità. Ma la motivazione principale è quella di creare pascoli per l'allevamento e la produzione di carne bovina di cui il Brasile è il primo esportatore al mondo. In questo esatto momento, in Amazzonia, pezzi di foresta grandi quanto l'Italia stanno bruciando.

Stiamo parlando della foresta Amazzonica, la foresta pluviale più estesa del mondo, che condiziona e regola il clima dell’intero pianeta.


Il luogo dove vive il 10% di tutte le specie animali e vegetali presenti sulla Terra.

Si calcola che nell'agosto del 2024 è andato a fuoco l'80% di territorio in più rispetto all'agosto del 2023. Scienziati dell'INPE, L'Istituto Spaziale brasiliano, hanno rilevato che il 99% degli incendi è causato dall'uomo. La pratica preferita è quella dello "Slash and Burn", taglia e brucia. Illegale. Si dà fuoco alla foresta per poi utilizzare il terreno come pascolo o come terreno per coltivare la soia di cui il Brasile è primo produttore al mondo (80% della quale viene utilizzata per dare da mangiare al bestiame).

Il risultato è che attualmente il 60% del cielo sopra il Brasile è coperto dal fumo. Le immagini che ci arrivano in diretta sono apocalittiche. Gli animali selvatici muoiono carbonizzati o ustionati. Le popolazioni indigene sono in gravissima difficoltà. L'aria è irrespirabile.


Ma sarà mica colpa nostra?

Per rispondere a questa domanda forse vi aiuterà sapere che tra i paesi europei, l'Italia, con circa 30mila tonnellate annue, è il primo importatore europeo di carne bovina dal Brasile. (Utilizzata in gran parte per la produzione della bresaola della Valtellina Igp, con buona pace del Made in Italy). E poco ci importa della deforestazione e meno ancora ci importa delle investigazioni sotto copertura di Essere Animali nei tre principali macelli brasiliani, che hanno documentato l’estrema violenza con cui gli animali vengono trattati, in violazione delle norme federali in materia di sanità e igiene e di rispetto del - così chiamato - benessere animale durante la fase di abbattimento (ad esempio il processo di scuoiatura e il taglio delle zampe degli animali che inizia senza la conferma della loro morte). E altre aberrazioni simili, purtroppo rilevate anche nei macelli nostrani.


La domanda di carne nel mondo è triplicata negli ultimi cinquant’anni arrivando oggi a 350 milioni di tonnellate annue e secondo i dati FAO è previsto un aumento del 14% entro il 2030.

Una richiesta di carne che il nostro pianeta non può sostenere.

E intanto, intorno a noi, tutto brucia. 

Il caso Sangiuliano, Taylor Swift, il calcio, la skincare, la pizza, sono certamente importanti.

Ma forse dovremmo chiederci: quante di queste cose sono ignifughe?

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