È un vecchio trucco, lo conoscono tutti, eppure risulta impossibile non cascarci. È come un prurito irresistibile, bisogna grattare. Il meccanismo è questo: se si fa parte di un qualche gruppo, piccolo o grande, al suo interno si hanno simpatie e antipatie, a volte anche profonde. Ma è il proprio gruppo. E, se qualcuno ne attacca un componente dall’esterno, scatta l’istinto di difenderlo. Forse è un rimasuglio ancestrale, di quando vivevamo in tribù e dovevamo difenderci dai lupi, e ci resta attaccato anche oggi che i lupi sono rari da avvistare e perlopiù metaforici, non si sa.
E quindi si può trovare insopportabile la vecchia zia, odiosa l’azienda per cui lavora, lo scarso l’andamento della nostra squadra del cuore nella stagione in corso, ma solo noi possiamo parlarne male. Se lo fa qualcun altro ci scatta dentro il senso d’appartenenza: ehi, tu quella vecchia insopportabile di mia zia, la lasci stare, capito?
Ecco, Giorgia Meloni è la vecchia, insopportabile zia della destra italiana, e questo ha fatto e fa la sua fortuna. Se ne è parlato spesso, in questi anni, di come certi sfottò le abbiano portato consenso, pensiamo in particolare a quelli di Propaganda Live che amavano dipingerla come una coatta un po’ ridicola, di quelle che sono buffe a loro insaputa. L’anno scorso, quando il suo è stato il partito più votato, è stata addirittura trasformata nella novità del momento, che se ci pensate è paradossale: nel 2006 era già vicepresidente della Camera, e nel 2008 ministra. È nuova quanto può esserlo la nazionale di Lippi ai Mondiali in Germania, un evento ormai lontanissimo nella nostra memoria. Ma l’attenzione fa questo effetto, anche quella negativa, crea consenso e appartenenza, trasforma la realtà. Ribaltando il punto di vista, pensate se domani improvvisamente la destra prendesse a sfottere Gianni Cuperlo, a imbastirgli contro campagne che lo accusano della qualsiasi. Dopo un po’, agli elettori di sinistra verrebbe il dubbio che forse va valorizzato. Del resto, è lo stesso tranello in cui la destra sta cadendo con Elly Schlein: gli attacchi che riceve sono di tutti i tipi, da quelli razziali a quelli omofobici, per tacere delle allusioni, e certamente deve essere brutto, riceverli. Ma dal punto di vista del consenso sono oro, anche se è cinico dirlo. È un segno di quanto sia caduta in basso la politica? Lo è, ma evidentemente è in questo modo che vanno le cose, al momento.
E così, all’inizio, una legislatura fa, quando Berlusconi sperava in un grande ritorno, Salvini viaggiava sopra al 30 per cento nei sondaggi e Fratelli d’Italia valeva pochi punti, forse non c’era nessuno, nemmeno tra i più convinti elettori di quella parte politica, che pensava veramente di volere Giorgia Meloni come leader e futura presidente del Consiglio. Invece, dopo un po’, è sembrata essere l’unica scelta possibile. Lei è stata sicuramente brava a usare tutta la pessima energia che le veniva buttata addosso per attrarre sulla sua persona il consenso della destra, prosciugando gli alleati, ma la vera abilità è stata ed è quella di saper continuare anche dopo, anche quando ormai le elezioni sono vinte. Del resto ha avuto un maestro eccezionale come Berlusconi, uno che è stato sotto attacco per due decadi, e più lo attaccavano più vinceva.
Qualcuno sostiene, osservando i primi sei mesi di questo Governo, che le continue uscite tra l’imbarazzante e il grave dei suoi esponenti siano un modo di distrarre il Paese impegnandolo in polemichette che durano lo spazio di pochi giorni, e in parte è sicuramente vero, ma l’effetto è anche quello di tenere unito e compatto il consenso che ha intorno. Vale per le uscite sui migranti, per quelle sull’antifascismo, per quelle sulle tasse e sulla scuola, tutta roba francamente orrenda ma non importa, perché tanto gli elettori di Fratelli d’Italia in cuor loro ne direbbero di ben peggiori, e vedere la loro leader attaccata non fa altro che far scattare in loro l’istinto di protezione. Che magari non avrebbero, se badassero al fatto che in futuro saranno più poveri e più sfruttati, proprio grazie alle politiche di quello stesso governo che tanto adorano. Con questo si vuol forse dire che quindi, quando parte un’uscita come quella sulle Fosse Ardeatine, allora bisogna star zitti? Dio, no. Non si può, e non sarebbe nemmeno giusto. Però bisogna tener presente che, se si sta solo a questo gioco, è un gioco a perdere, una fatale ludopatia. Piuttosto, sarebbe utile tirare fuori qualche proposta in grado di mettere davvero in discussione lo status quo, e investirci un bel po’. Porsi obiettivi più ambiziosi della risposta alla scemenza giornaliera, e puntare al lungo periodo. Che è un po’ una di quelle cose che si dicono tanto per, tipo aprire un chiringuito ai Caraibi: ah, che bello sarebbe se parlassimo anche di cose serie, ogni tanto, che bello sarebbe se, e poi però non succede niente. Solo che così ce lo becchiamo davvero, un ventennio.
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