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  • Immagine del redattoreGiampaolo Coriani

Peggio che al 41 bis



Lo sciopero della fame di Alfredo Cospito ha aperto un dibattito sulle condizioni di detenzione in regime del cosiddetto 41 bis, e sulla loro conformità al dettato costituzionale.

In particolare, l’opinione pubblica comincia timidamente a chiedersi se l’applicazione concreta della norma sia davvero conforme alle sue finalità, e cioè che consentire una visita o una telefonata, in alternativa, al mese, ridurre al minimo le ore d’aria, controllare le letture dei detenuti, vietare lo studio, serva davvero a impedire le comunicazioni con l’esterno e, di conseguenza, il proseguimento dell’attività criminale dentro le mura del carcere.

Comincia ad insinuarsi il dubbio che siano, invece, semplici condizioni punitive rafforzate, contrarie al senso di umanità, in spregio all’art. 27 della Costituzione, che hanno lo scopo di indurre il reo alla dissociazione e/o collaborazione con la giustizia, alla luce della gravità estrema dei reati commessi e dell’appartenenza ad organizzazioni di stampo mafioso o terroristico.


Mentre ci si pone, finalmente, questo quesito, ci sono circa 70 persone (altre sono ricoverate in ospedale), uomini donne e bambini, che, dopo essere sopravvissute ad un naufragio a pochi metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, sono state rinchiuse per nove giorni in due capannoni attigui al CARA di Crotone.

Secondo le notizie e le fotografie diffuse da Repubblica, avevano a disposizione un solo bagno, dormivano su panchine (ad esclusione dei bambini che disponevano di qualche materasso in terra), senza lenzuola, senza cuscini, e senza la possibilità di vedere i familiari arrivati da Paesi diversi per stare loro vicino.

Per quanto siano indagate a causa di una legge disumana del reato di immigrazione clandestina (che prevede però una sanzione pecuniaria) sono in stato di sostanziale detenzione, senza processo, quando dovrebbero essere sotto la tutela dell’art. 10 comma 3 della Costituzione, in quanto potenziali richiedenti asilo, e ciò al di là delle loro scelte, perché in realtà quasi nessuno vuole rimanere in Italia.

Invece questi esseri umani sono stati trattati, oggettivamente, peggio degli ergastolani al 41 bis, che sono detenuti, ma in forza di sentenze passate in giudicato dopo tre gradi di giudizio per reati gravissimi.


Solo nella mattinata di ieri, 7 marzo 2023, sempre Repubblica informa che queste persone sono state trasferite nel CARA e hanno un letto.

Permangono, tuttavia, le limitazioni “detentive”.

E attenzione, non è una “offesa”, come titolava il quotidiano.

E’ una vergognosa e palese violazione dei trattati internazionali, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e della Costituzione, una violazione continua, imperterrita, costante, indifferente ai colori (tutti) dei governi che si sono succeduti dall’approvazione della legge “Bossi Fini” in poi.

Esseri umani trattati peggio dei mafiosi, nonostante abbiano appena perso figli, padri, madri, fratelli, sorelle, nipoti in un naufragio che è, peraltro, sotto il vaglio dell’Autorità Giudiziaria per accertare eventuali responsabilità dello Stato e dei ministri competenti (in senso tecnico).

Ecco, questo dovrebbe essere il primo argomento del Consiglio dei Ministri straordinario e mediatico che Meloni ha programmato, per fare un po’ di traffico sui social e recuperare consenso, a Cutro.

Come può un Paese trattare così i disperati e nello stesso tempo definirsi civile?

Come può qualsiasi componente del governo permettere che succeda questo e guardarsi allo specchio la mattina?

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