Sessantaquattresimo suicidio in carcere dall’inizio dell’anno, l’ultimo in via dei Tigli, a Biella, la città del sottosegretario alla giustizia Delmastro, colui che si rapporta alla Polizia penitenziaria come se fosse la sua personale constituency, anzi, la sua falange. Come ha ripetuto più volte nei suoi comizi, anche recentemente, mentre “la sinistra” chiede che “nessuno tocchi Caino” (che peraltro sarebbe una citazione direttamente dell’altissimo, più che di una parte politica), lui ha a cuore Abele, parole d’ordine già vecchie di qualche anno che si possono trovare proprio sul sito poliziapenitenziaria.it. Eppure, qualche preoccupazione l’ha espressa pure Gennarino De Fazio, segretario Uilpa Polizia Penitenziaria: «Nella sostanziale indifferenza del Governo, non si ferma la carneficina nelle carceri del Paese», ha dichiarato, ricordando che ai 64 detenuti vanno aggiunti anche i sette appartenenti al suo corpo. E se lo dice lui. Il carcere di Biella, già oggetto di più inchieste, in seguito alle quali tra l’altro era emerso che il 90 per cento della sua popolazione aveva sviluppato dipendenza da farmaci o stupefacenti, è lo stesso dell’ex caposcorta di Delmastro, Pablito Morello: se il sottosegretario è noto anche per le sue battaglie per l’abolizione del reato di tortura, Morello lo è – oltre che per esser stato tra i presenti del famoso episodio dello sparo di Capodanno a Rosazza - per esser stato accusato di aver pestato un detenuto malato di poliomielite. In campagna elettorale, Delmastro ha annunciato il suo personale regalo al corpo che gli sta a cuore, la realizzazione di una scuola per agenti della penitenziaria da fare, ovviamente, a Biella, nel dismesso ex ospedale: un pensiero da 70 milioni di euro. Su tutto ciò che succede nelle carceri che dipendono dal suo dicastero, invece, per lo più tace: qualcuno lo “tocchi”, e lo avvisi di cosa succede.
Paolo Cosseddu
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