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  • Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Quando il mattone tira


Più di vent’anni fa - poteva essere, a memoria, il 1999 - un’ignara famigliola di turisti stranieri di passaggio a Milano ebbe l’infelice idea di sedersi a un tavolino di uno dei bar che hanno il dehor di fianco al Duomo per un caffè, e come è facile immaginare si videro recapitare un conto assolutamente sproporzionato. Scandalizzati, scrissero una lettera al Corriere della Sera per protestare contro questo modo truffaldino dei gestori di accogliere i visitatori, e l’inserto milanese del Corriere decise di farci sopra una vera e propria crociata: per mesi e mesi, con cadenza quasi quotidiana, uscirono articoli sui bar più cari del centro, interviste, pareri, approfondimenti. Tutto questo sul giornale più borghese e liberale del Paese, ebbene sì, e il caso costituisce un buon esempio di quanto da allora sia slittato verso destra, oltre che verso il nonsense, il dibattito politico e culturale in Italia.


Oggi, anno 2023, studenti si accampano davanti ad alcuni atenei - a Milano, a Roma, e anche altrove, perché la protesta si sta allargando - con azzeccata intuizione, poiché riescono finalmente a far parlare di un caro affitti che era già scandaloso da molto prima, ma nel post-covid è diventato paradossale senza che peraltro nessuno di degnasse di occuparsene, fino appunto a ieri l’altro. E qual è la risposta dei liberali di casa nostra? Questa: se non potete andare a vivere di fronte alla Bicocca, prendete un monolocale in periferia, sfigati. Ecco che punto siamo, come siamo caduti in basso. Un punto infimo, peraltro anche cretino. A dispetto di qualsiasi crisi globale dei mutui, in Italia il mattone è rimasto l’investimento più sicuro; e un Paese in cui comprare un garage rende più che aprire un’attività produttiva è economicamente morto, non c’è altro modo per dirlo. Se il ragionamento è che qualsiasi iniziativa economica è in fondo una grandissima rottura di palle, perché bisogna rispettare un sacco di norme, perché bisogna pagare molte tasse, perché (purtroppo!) almeno un pochino bisogna pagare i dipendenti, allora il mattone vincerà sempre a mani basse, soprattutto se la revisione del catasto e l’Imu restano argomenti tabù almeno per la metà abbondante delle forze che siedono in Parlamento, mentre le rimanenti, anche quando gli capita di governare, alla fine decidono che è più saggio lasciar perdere. Passa l’idea che possedere muri su muri sia una specie di diritto divino, un po’ come quello degli americani di possedere armi: sono miei, ci faccio quello che ci voglio, e quel che ci voglio fare è guadagnarci senza dover niente a nessuno, questo è quanto. Mentre invece, le rendite che non portano nessun arricchimento alla società se non al diretto beneficiario, uno Stato serio dovrebbe semplicemente massacrarle. Perché se uno ha ampie disponibilità, e decide di usarle per acquistare appartamenti, un po’ se lo merita.


Quasi trent’anni fa, chi gettò le basi della prima forma di centrosinistra di governo mise insieme un po’ di giustizia sociale, di ambientalismo soft, di diritti, e soprattutto si preoccupò di saper parlare alla parte produttiva del Paese, che andava rassicurata sulla redenzione degli ex comunisti. Questa preoccupazione, che aveva all’epoca un suo senso, si è rapidamente trasformata in una condizione di totale sottomissione psicologica, una costante paura di venire additati come “quelli delle tasse” che ha impedito di agire anche quando sarebbe stato giusto farlo. Beh, è giunto il momento di uscire da quell’angolo, di prendere atto del fatto che le disuguaglianze sono crescite oltre ogni sopportabile livello. Che persino negli Stati Uniti, Paese non esattamente comunista, il Presidente in carica parla di tassazione dei redditi più alti e delle rendite. Siamo arrivati al paradosso di discutere di una deriva a sinistra del Partito democratico italiano quando le sue posizioni sono tutte più a destra di quelle del Partito democratico americano, ed è ridicolo. Senza tenere minimamente in conto il fatto che, se non si apportano correttivi pesanti e rapidi, il sistema semplicemente non regge più. E che, se in linea di principio può anche essere giusto agevolare il sistema produttivo, chi accumula ricchezze generate dalle rendite non sta producendo assolutamente niente. Crei lavoro, benessere, ricadute sulla società e non solo su te stesso? Vieni premiato. Speculi? Ti si leva la pelle di dosso. Troppo forte? Può darsi, ma la situazione è quella che è. L’esperienza ci ha ampiamente dimostrato che a esser timidi non si ottiene nulla. Tanto vale darci dentro: a mali estremi…





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