Quasi quattrocento morti non sono abbastanza per scomodare il governo: il 3 ottobre a Lampedusa, nel decennale del naufragio del 2013 (cui abbiamo dedicato l'ultimo numero di Ossigeno), non ci sarà nessun rappresentante della maggioranza. Non la Presidente Meloni, che si starà ancora riprendendo dallo stupore (solo suo) per la sentenza di Catania che ha rigettato il suo ultimo decreto in fatto di migranti, né nessun altro.
Non era mai successo, da quando nel 2016 il 3 ottobre è diventato la "Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione".
D'altra parte, questo governo ci elargisce ogni giorno una nuova perla di disumanità quando si tratta di migranti. Dai 5000 euro per non finire nei CPR, ai migranti che arrivano "con telefonino, scarpe, catenina, orologino", agli esami medici per provare l'età dei minori. Quindi a ben pensarci non è così sorprendente il disinteresse nel ricordare le persone che sono morte e che continuano a morire, anche oggi stesso, nel Mediterraneo e letteralmente sulle nostre spiagge. Indegno, sì. Ma non sorprendente.
Disertando le celebrazioni, però, Meloni e i suoi non si limitano a ignorare e calpestare un dolore che non comprendono e che, anzi, ridicolizzano e strumentalizzano a ogni occasione possibile. Stanno anche insultando e abbandonando Lampedusa e i suoi abitanti, i pescatori che escono per una giornata di lavoro e si trovano a salvare vite perché hanno una barca e sanno cosa vuol dire stare in mare, le donne che abbiamo visto dare da mangiare a sconosciuti perché non sopportano di vederli affamati, i ragazzi e le ragazze che per le strade hanno ballato con i loro coetanei usciti dall'hotspot perché Shakira è irresistibile, gli amministratori e le amministratrici che dal governo non stanno ottenendo risposte né rispetto. Italiani, italiane, visto che a Meloni e Salvini interessa così tanto, ma anche europei, europee. Che domani, a Lampedusa, ci saranno e ci sono sempre stati.
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