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  • Immagine del redattoreSilvia Cavanna

Quelli che la pensano come Valdegamberi



Messaggi ideologici costruiti ad hoc, felpe con presunti simboli satanici, freddezza ed apatia nell’affrontare la tragedia. Queste le accuse che in un delirante post social il consigliere regionale veneto Stefano Valdegamberi rivolge ad Elena Cecchettin, sorella minore di Giulia, brutalmente ammazzata a 22 anni dall’ex fidanzato.

La sua colpa sarebbe quella di non conformarsi con lo stereotipo di “sorella affranta” che Valdegamberi riterrebbe più confacente, di aver scelto di non rimanere in silenzio, di aver accusato le istituzioni di non fare abbastanza per la tutela delle donne, di aver sottolineato come Turetta non sia un mostro, un’eccezione quanto piuttosto “un figlio sano della società patriarcale” in cui viviamo, “pregna della cultura dello stupro”. E sono proprio queste parole che evidentemente mandano in cortocircuito le sinapsi del consigliere regionale leghista, perché, se la prima regola del patriarcato è non parlare mai del patriarcato, la seconda è: se non sai che esiste, vuol dire che ne sei parte.


“Società patriarcale?? Cultura dello stupro?? Qui c’è dell’altro” scrive con malcelata indignazione e quella strizzata d’occhio al complottismo che non guasta mai. E ancora: “Più che società patriarcale dovremmo parlare di società satanista, cara ragazza”, riuscendo, in una sola frase, nell’arduo compito di negare il patriarcato e, al tempo stesso, affermarlo. Perché quell’atteggiamento condiscendente e paternalistico con cui io, maschio bianco etero cisgender di mezza età, ti spiego come tu, cara ragazza, debba vestirti e truccarti, come debba affrontare il dolore (possibilmente in modo che possa compatirti senza sentirmi colpevole), quali parole sia più consono che tu utilizzi per parlare di te, delle tue vicende personali, ma anche della società in cui vivi e che ha contribuito ad ammazzare tua sorella, ecco, quell’atteggiamento è da manuale del patriarcato – capitolo 1, pagina 5, alla voce mansplaining (o, se non vogliamo usare inglesismi invisi agli ultradestri, minchiarimento).

Ed un analogo atteggiamento lo si può riscontrare anche nelle parole del presidente della Regione Veneto Zaia, che pur dissociandosi dai concetti espressi dal consigliere (eletto, ricordiamolo, nella lista “Zaia Presidente”), non ne chiede le dimissioni. “Prima le stupidaggini si dicevano davanti al banco del bar, oggi qualcuno riesce a metterle nero su bianco” afferma. Una bravata, insomma, che si risolve con una tirata d’orecchie e nessuna conseguenza effettiva (e questa è la terza regola del patriarcato).


In fondo sono bravi ragazzi, la narrazione ad ogni livello è questa.

Ma negare l’esistenza e le colpe della società patriarcale non è l’unica peculiarità di cui il bravo ragazzo Valdegamberi può fregiarsi. Basta fare un giro sui suoi profili social per trovare elogi al sovranismo, posizioni omofobe e transfobiche, negazionismo climatico, attacchi alle associazioni animaliste, ai funzionari pubblici che rubano lo stipendio, a chi sostiene l’eutanasia, nonché un fervente attivismo a sostegno della proposta di legge Un cuore che batte (sì, proprio quella che vorrebbe obbligare la persona che vuole abortire ad ascoltare il battito fetale). Quasi verrebbe da chiedersi perché voglia restituire la tessera della Lega.

Un caso isolato, minimizzerebbe qualcuno. Oppure vale anche il sempreverde: non si può più dire niente, oggigiorno. Ma la conferma alle parole di Elena Cecchettin (e la misura del problema) ce la dà lo stesso Valdegamberi, rispondendo alle polemiche scoppiate intorno al suo post: “Per cosa dovrei dimettermi? Quelli che mi hanno votato la pensano come me”.



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